
In serata, la notizia dell’armistizio tra l’Italia e gli anglo-americani lascia tutti interdetti. I comandi italiano e tedesco dell’isola concordano, col placet di Roma, un “accordo tra gentiluomini” che consente il pacifico ritiro dei tedeschi sul continente. Nel frattempo le due torpediniere ricevono l’ordine di proseguire la loro missione. L’Aliseo ha appena mollato gli ormeggi, superando le ostruzioni,quando nel porto si scatena l’inferno.
Gli equipaggi tedeschi, preparati da tempo, sono stati riuniti in squadre d’arrembaggio e armati per catturare di sorpresa le navi italiane. Alle 23:45 due gruppi cercano di salire a bordo dell’Ardito, scatenando una sparatoria. Le unità tedesche circostanti aprono anch’esse un intenso e confuso fuoco di armi automatiche, falciando amici ed avversari. L’Ardito e altre unità minori sono così prese con grosse perdite umane
Il Comando italiano in Corsica, subito informato, riferisce a Roma e agisce, contemporaneamente, d’iniziativa ordinando (informando per conoscenza anche i tedeschi, a scanso di equivoci): “Alla forza rispondere con la forza, al fuoco col fuoco. Poco prima dell’alba del 9 settembre un gruppo di combattimento del 10° Raggruppamento Bersaglieri arriva e attacca l’area del porto. Vista la mala parata i tedeschi ordinano alle proprie unità di uscire. Subito fuori dal porto sono quelle piccole navi sono inquadrate dalle batterie costiere italiane di medio calibro, le quali danneggiano, prima che riesca a portarsi fuori tiro, il cacciasommergibili UJ 2203.
A questo punto il Comando Marina ordina con militare chiarezza a Nave Aliseo, in attesa al largo, diattaccare e distruggere la flottiglia nemica. Le 7 unità germaniche (dislocamento complessivo circa 2.100 t con un armamento combinato di 2 cannoni da 88 mm, 5 da 75 mm, 9 mitragliere da 37 mm e 14 armi da 20 mm) aprono il fuoco contro la torpediniera italiana (1160 t, 2 pezzi da 100 mm e 10 mitragliere da 20 mm). Hanno il vantaggio del numero e del peso di fiancata, ma la facile aggressione notturna contro l’Ardito non fa testo: al posto di una nave in porto col personale al posto di manovra, i tedeschi si trovano adesso di fronte un’unità in mare in assetto di combattimento e armata da un equipaggio affiatato e temprato, agli ordini di un comandante il cui nome era già una leggenda per le sue precedenti azioni subacquee in Atlantico: il capitano di fregata Carlo Fecia di Cossato, asso dei sommergibilisti italiani.
Alle 07:30 un proiettile da 88 raggiunge l’Aliseo. Sarà l’unico. Riparati in brevissimo tempo i danni a cura delle squadre di sicurezza di bordo, la nave italiana ingaggia con metodo la formazione nemicastringendo ancor più le distanze, controbattendo al diluvio di fuoco tedesco a colpi mirati, avendo avviato la centralina di tiro: alle 08:20 l’UJ 2203 colpito più volte, esplode sollevando un’enorme colonna di fumo. Meno uno. Alle 08:30 è il turno dell’UJ 2219, disintegrato dall’esplosione del deposito munizioni. Nei successivi cinque minuti è la volta delle motozattere F 366, 459 e 623. 25 naufraghi tedeschi saranno recuperati. Le gemelle F 387 e 612, prese sotto tiro dalla sopravvenutacorvetta Cormorano, si incagliano e vengono abbandonate dai loro equipaggi. Il Cormoranoconclude l’opera eliminando infine una vedetta della Luftwaffe, la FL B.412, che aveva tentato di allontanarsi approfittando della confusione.
Lo scontro di Bastia è terminato e l’Ardito recuperato. Per la Marina è cominciata la Guerra di Liberazione.