Teatri storici monumenti nazionali, Andrea Gnassi: “Abbiamo ottenuto l’inserimento di 21 teatri romagnoli (sette riminesi), ma questa legge è carente ed è un’occasione sprecata: mancano criteri seri e fondi economici a sostegno dei teatri”
“L’idea di definire i teatri storici monumenti nazionali è buona. Ma la legge per ottenere questo risultato è stata pasticciata ed è carente. Una legge seria avrebbe definito criteri chiari e certi, fondi economici a sostegno del teatro e una commissione ad hoc per conferire il titolo. Questa legge così come è rischia di rimanere, se non ci saranno
cambiamenti, una lista di centinaia di nomi”: così il deputato del Partito Democratico Andrea Gnassi a proposito del Testo unificato che riconosce a numerosi teatri italiani il titolo di monumenti nazionali.
“Ci sono numerosi teatri che, secondo questa legge, nonostante il loro rilievo culturale, non saranno definiti storici – dichiara Gnassi – Il motivo è che questa legge non ha definito criteri chiari per l’individuazione dei teatri storici e soprattutto non interviene minimamente sul finanziamento dei teatri, delle produzioni, delle programmazioni e, per questo, non impedisce la chiusura dei teatri, che soffrono. Questo dovrebbe essere il primo obiettivo della legge, ma per l’Italia, patria del teatro, per la maggioranza e il governo ciò non esiste. Al contrario hanno presentato all’inizio una proposta surreale, con un mero elenchetto di un pugno di teatri guarda caso suggeriti solo dal centrodestra e senza alcun criterio per l’individuazione del titolo di Monumemto Nazionale. E solo con il dibattito parlamentare come Pd abbiamo denunciato e chiesto l’inserimento di criteri seri per l’individuazione e abbiamo proposto l’inserimento di altri teatri” rivela Gnassi.
“E’ vero che grazie alla nostra proposta molti teatri della Romagna (e di Rimini ) prima esclusi avranno ora il titolo di Monumento Nazionale e il totale è salito dagli iniziali 47 a
- Siamo soddisfatti che fra questi grazie alle nostre proposte ed emendamenti ci sono ora il Teatro Galli di Rimini, il Teatro Malatesta di Montefiore Conca, il Teatro Massari di San Giovanni in Marignano, il Teatro Corte di Coriano, il Teatro Vittoria di Pennabilli, Sociale di Novafeltria e Mariani di Sant’Agata Feltria nel Riminese. Così come il Teatro Bonci di Cesena, il Petrella di Longiano, il Masini di Faenza, il Rossini di Lugo, il Dante Alighieri, Rasi e il Sociale di Ravenna, il Goldoni di Bagnacavallo, il Dragoni di Meldola, il Walter Chiari di Cervia, il Mentore di Santa Sofia, il Comunale di Cesenatico, il Maria Pedrini di Brisighella e il Comunale di Russi nel resto della Romagna. Tuttavia i soli criteri dell’anno di fondazione (almeno un secolo) e il rientrare nel codice dei beni culturali non sono criteri sufficienti e adeguati ed escludono molte altre rilevanti istituzioni culturali e teatrali. Oltre ai 100 anni occorrono criteri come il valore artistico delle programmazioni e delle produzioni, occorrono un Fondo Nazionale per non far chiudere i teatri, un Fondo per le produzioni, le tournée, per l’innovazione tecnologica” prosegue il deputato.
“Sono soddisfatto per avere proposto e ottenuto l’inserimento di teatri romagnoli (e riminesi) prima esclusi, ma ora il governo – e noi daremo una mano e una collaborazione – si impegni per sostenere un intero comparto straordinario per l’Italia. Anziché su distintivi, elenchi e titoli, si lavori sul merito, la trasparenza, la competenza e le risorse. Il teatro e i teatri italiani hanno bisogno di questo. Noi siamo per il mondo dell’arte e del teatro, di fronte purtroppo a un governo che da un lato stila un elenco prima sbagliato che solo grazie a noi è stato modificato, ma che dall’altro taglia il FNSV, il fondo nazionale dello spettacolo dal vivo“.