Ho pensato più volte di uccidere mia madre in questi anni, la odiavo perchè non voleva rivelarmi neanche l’identità di mio padre». È quanto avrebbe detto davanti al magistrato il figlio di Paola Borghi, la donna di 65 anni trovata morta all’alba di ieri, soffocata con un cuscino sul volto e una molletta da biancheria sul naso, nel suo appartamento all’Alberone, quartiere tra le mura urbiche e l’inizio della sterminata periferia di Roma sud. Ma chi è intervenuto sul posto, dopo l’allarme lanciato dai vicini alle 4 di notte per le urla e i rumori e la chiamata al 118 dello stesso ragazzo, parla anche di «una casa piena di sangue».
Interrogato prima al Commissariato, poi negli uffici della Mobile, Lorenzo Borghi, 24 anni, studente universitario, ha confessato dopo aver inizialmente raccontato che dei ladri si erano introdotti in casa rubando i contanti che la madre aveva prelevato martedì. Così è scattato l’arresto per omicidio in flagranza di reato. Paola Borghi aveva lavorato in una Asl capitolina. Impegnata politicamente a sinistra nel suo quartiere, dove era molto conosciuta e ora viene ricordata come una donna «discreta e colta». «Ho sentito delle urla disumane, pazzesche, Lorenzo che gridava: mamma, mamma!», ha raccontato agli investigatori una ragazzina che abita sotto l’appartamento dei Borghi. «Poi dei botti ancora più spaventosi – ha aggiunto – . Talmente forti che ho avuto persino paura a muovermi: saranno state le quattro». Risulta che poco dopo Lorenzo, che era iscritto al terzo anno di Statistica e viveva da sempre in quella casa all’Appio-Tuscolano insieme alla madre («due persone gentili, squisite», dicono tutti quelli che li conoscevano) abbia telefonato al 118. Raccontando di essersi svegliato per dei rumori e di aver visto che la madre era stata sopraffatta dai ladri. Ma, una volta entrati in casa, gli inquirenti sospettano che armadi spalancati e cassetti rovesciati, la porta d’ingresso che non mostra segni di scasso, siano tutta una messinscena, per simulare la rapina e offuscare la vera dinamica dell’aggressione mortale alla donna. Allora portano Lorenzo Borghi in stato di fermo davanti al pm di turno, Vittoria Bonfanti. Finché non crolla e ammette di aver pensato addirittura «da anni» di uccidere sua madre.
Sulla combinazione di fatti privati, affari di famiglia e malessere psichico che potrebbe aver portato il giovane a un gesto tanto estremo, qualche vicino azzarda che «forse qualcosa a che vedere con il padre c’è». «La madre raccontava sempre che il marito era morto mentre lei era incinta». Qualcun altro dice che, invece, «il padre li ha abbandonati quando il bimbo aveva due anni: sparito senza farsi più vedere».