Fred Buscaglione si era fatto un nome proprio lì, nel cuore della Rimini del boom. Il locale ancora si chiamava Sombrero, e Fred deliziava tutte le signore in prima fila omaggiandole con una rosa al termine di ogni pezzo. Storie d’altri tempi, come quella di un giovanissimo Silvio Berlusconi che in quello stesso locale si guadagnò i primi soldi come artista di piano bar. E la musica non cambiò molto quando il Sombrero si trasformò nel 1959 in Caffè delle Rose, che diventò da subito la tappa obbligata per attori, artisti e facoltosi turisti, che preferivano il salotto elegante di Marina centro ai locali chiassosi frequentati dal popolo che sbarcava a Rimini in 500. Perché questo è stato, per tanti anni, il Caffè delle Rose. Il ritrovo un po’ snob della Rimini bene. Il locale dove, senza l’abito e la macchina giusta, ti guardavano dall’alto in basso.
Se non ci fosse stato il Caffè delle Rose, «la Rimini balneare non sarebbe quello che è diventata – osserva lo storico Manlio Masini, appassionato studioso dell’epoca d’oro del turismo in Riviera – Il Caffè delle Rose è stato per decenni un simbolo, perché non era soltanto uno dei locali più alla moda, ma anche quello che animava la vita culturale e artistica della città».
Ai suoi tavolini, quando tornava a Rimini, era facile incontrare Federico Fellini, in compagnia di Giulietta Masina, o intento a conversare con l’amico Tonino Guerra. Fellini c’era anche quando il locale fu rifatto dall’architetto Massimo Simonetti, nel lontano 1978: la foto di lui e della Masina al tavolino la sera dell’inaugurazione resta un cimelio conservato negli archivi. Ma dal Caffè delle Rose sono passati tanti altri, da Marcello Mastroianni a Walter Chiari, da Gino Paoli a Ornella Vanoni, per citarne alcuni. Non c’è stato artista che (quand’era a Rimini) non abbia fatto tappa nel locale di vialeVespucci. Perché Quarto Pasini, storico gestore del Caffè delle Rose, sapeva bene come trattare i suoi clienti. «E’ stato lui a dare quel tocco di classe che ha elevato il Caffè delle Rose sopra ogni altro locale», ricorda Masini.
Poi è arrivato, lento ma inesorabile, il declino. Sopravvissuto a un incendio, il Caffè delle Rose non è riuscito a sopravvivere a gestioni rivelatesi sbagliate o sfortunate. Fino a quando, cinque anni fa, il ‘salotto’ della Rimini bene viene preso da una catena di ristoranti e trasformato in steakhouse. Dura poco, appena due anni.
Nel 2013 arriva Pasquale Granatiero: l’imprenditore si dice pronto a rilanciare quel luogo magico, che torna a essere Caffè delle Rose. Il finale lo conosciamo, ed è il più amaro mai scritto nella storia del locale. Il Resto del Carlino
Niente colazione e brioche ieri mattina a Marina centro, al Caffè delle Rose. Ai gestori, veri e presunti, dello storico locale, gli uomini della polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno, invece, ‘servito’ il decreto di sequestro preventivo, firmato dal giudice per le indagini preliminari, Vinicio Cantarini, su richiesta del pubblico ministero, Paolo Gengarelli. E così sono stati messi i sigilli al Caffè frequentato dal regista Federico Fellini e da sua moglie, Giulietta Masina, consegnando le chiavi all’amministratore giudiziario. Il sequestro al fine della confisca per un valore complessivo di due milioni e trecentomila euro è stato realizzato nell’ambito dell’inchiesta «Coffee break».I sigilli sono stati apposti anche al bar bolognese «Piglia la Puglia» di via Riva de Reno e allo stabilimento balneare «Le Caique» di Pineto in provincia di Teramo. Quattro persone denunciate per il reato di intestazione fittizia dei beni. Tra i quattro indagati (un 63enne di San Severo, un 34enne di Manfredonia, una 55enne kazaka) figura anche Pasquale Granatiero, 37 anni, di Manfredonia, l’uomo che, secondo gli investigatori, sarebbe il vero e proprio ‘dominus’ di tutto l’impero messo sotto sequestro. Stando agli inquirenti, Granatiero, per eludere le misure di prevenzione a cui poteva essere sottoposto visto che all’epoca, nel 2014, era indagato per una maxi evasione fiscale, avrebbe creato intestazioni fittizie grazie alla compiacenza di tre suoi conoscenti-dipendenti che figuravano come prestanomi, senza però avere le capacità economiche per rilevare e gestire attività economiche come il Caffè delle Rose. Ma Granatiero e soci non avevano fatto i conti con gli uomini del nucleo di polizia tributaria della Finanza di Rimini. Tutta l’inchiesta, infatti, è nata dal controllo di un semplice scontrino fiscale nel 2014. Incrociando però i dati della partita Iva e di quello che davanti ai microfoni di una tv si era definito il gestore del locale, Pasquale Granatiero, i finanzieri hanno riscontrato molte anomalie ed hanno voluto vederci chiaro. Sono così emerse società, come la Caffè delle Rose srl e la Cv srl, intestate a prestanomi, ma tutte riconducibili, in realtà, a Pasquale Granatiero che nel 2015 è stato condannato in primo grado dal tribunale di Pescara a due anni e sei mesi perreati fiscali mentre è stato assolto con formula piena dalle accuse di riciclaggio. Da qui la richiesta del pm Gengarelli per il sequestro dei locali, delle quote societarie, di auto riconducibili ai quattro. E ieri sono arrivati i sigilli. Il Caffè delle Rose è stato affidato all’amministratore giudiziario che nel giro di qualche giorno potrebbe autorizzare la riapertura dello storico locale salvaguardando il posto di lavoro ai dipendenti non coinvolti in prima persona nell’inchiesta. Il Resto del Carlino