
Il grande dilemma che affligge il M5s, ormai riunito in assemblea permanente, rischia di far esplodere definitivamente il partito guidato da Giuseppe Conte. Da un lato ci sono i governisti, che sembrano essere in numero ingente, pronti a votare la fiducia a Mario Draghi il prossimo mercoledì. Dall’altra c’è la fronda dei puristi che, invece, costi quel che costi è decisa a staccarsi dalla maggioranza. Non mancano i momenti di tensione, che fortunatamente non sfociano in qualcosa di più solo perché l’assemblea si svolge su zoom.
Al momento, gli interventi di dissenso nei confronti di Giuseppe Conte sono circa una ventina, a fronte della maggioranza che, invece, appoggia il leader. Sono soprattutto i senatori a supportare Conte in questi giorni di estrema difficoltà. Ma tra chi inizia a soffrire il leader del M5s c’è anche Beppe Grillo, che sarebbe “sconfortato” dal dibattito interno degli ultimi giorni. Il comico genovese avrebbe lamentato con alcuni suoi interlocutori l'”eccessiva personalizzazione” del leader Conte nello scontro con il premier Draghi.
L’attacco a Davide Crippa
E ora, dopo lo strappo di Luigi Di Maio, sul M5S torna ad aleggiare lo spettro di una nuova scissione in vista del voto di fiducia sul governo Draghi. C’è chi parla di venti, chi di trenta o chi addirittura di quaranta parlamentari governisti pronti ad abbandonare il Movimento 5 Stelle per accasarsi nel neonato gruppo dimaiano o, magari, per dar vita a una nuova componente parlamentare filo-governativa.Nelle prossime ore, potrebbe arrivare un documento dei “dissidenti” del M5s, dei parlamentari che sarebbero pronti, mercoledì, a votare comunque la fiducia al governo nelle Camere anche se il Movimento dovesse scegliere una posizione contraria. Alla ripresa dell’assemblea alle 14, con anche Giuseppe Conte collegato, le prime critiche sono piovute sul capogruppo pentastellato alla Camera, Davide Crippa.
Gli sono stati chiesti chiarimenti per aver appoggiato la richiesta del Pd di chiedere al presidente del Consiglio Mario Draghi di rendere mercoledì le sue comunicazioni inizialmente a Montecitorio e non al Senato come previsto dalla prassi, in modo tale da blindarne la decisione. “Non sono stato informato“, ha commentato l’ex presidente del Consiglio. Crippa ha spiegato che il primo “non voto” del M5s sul dl Aiuti si è verificato alla Camera, per questo motivo sembrava più logico e corretto chiedere con il Pd le comunicazioni di Draghi prima alla Camera e poi al Senato. “Dall’opposizione la vita non la migliori. Fai solo propaganda“, ha detto Crippa nel suo duro intervento. Lui fa parte dell’ala più governista, tanto che ha chiesto ai suoi colleghi come mai, visto che il M5s ha sempre detto che non era un voto sulla fiducia, tanto che alla Camera l’ha votata, non dovrebbe votarla di nuovo. Per Crippa il M5s deve rimanere dentro il governo per vedere i decreti, rimediare agli errori, come quelli sul superbonus, e dare risposte ai cittadini.
I contiani compatti
Sono stati diversi gli interventi in favore di Conte e contro chi ha chiesto di votare la fiducia a Mario Draghi. Ma tra tante parole non è stato deciso cosa fare mercoledì, anche perché, ripetendo quanto detto da Marco Travaglio su il Fatto quotidiano, i grillini ripetono che ad aprire la crisi “non siamo stati noi ma Draghi che si è dimesso“. Il senatore Mauro Coltorti è intervenuto in favore di Conte e ha sostenuto l’azione di rottura: “I nove punti non sono un capriccio ma punti minimi fondamentali e senza atti concreti il Movimento non può e non deve accettare richieste al buio. Raccomando compattezza intorno a Giuseppe Conte ed al Movimento“.
Anche l’ex ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha prestato una spalla a Conte: “Il più grande errore in questo momento sarebbe dividerci in fazioni: falchi, contiani, responsabili e governisti. Io non mi iscrivo a nessuna fazione. Sono orgogliosamente iscritto al M5S, una forza politica che pensa ai fatti e ai contenuti. Non c’è nient’altro oltre questo. È sbagliato tirare per la giacchetta Conte, tra ultimatum sì e ultimatum no. Le sue parole dell’altra sera rimettono al centro del dibattito gli italiani e gli obiettivi contenuti nei 9 punti: sono le nostre priorità“.
Fedelissima a Giuseppe Conte anche Fabiana Dadone, pronta a non votare la fiducia al governo del quale è parte: “Seguirò la decisione del mio capo politico“, ha detto in assemblea il ministro per le Politiche giovanili.
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