In un’aula del tribunale di Cesena, dove si respirava tensione palpabile, un uomo di 40 anni ha ripercorso ieri i momenti di puro orrore vissuti due anni fa, offrendo una testimonianza che ha illuminato i contorni di una violenza brutale avvenuta nella zona tra la stazione ferroviaria e le scuole. L’episodio, datato 3 luglio 2023, vede imputato M.A., già noto alle cronache per precedenti aggressioni, e difeso dall’avvocato Gianluca Betti. Davanti al giudice Andrea Priore e al pubblico ministero Elisa Faenza, la vittima ha delineato un quadro di aggressività incontrollata, scatenata da un equivoco banale in una serata estiva.
Il cesenate, originario della città, ha spiegato come tutto sia iniziato in modo innocuo: un incontro casuale con un amico, anch’egli di Cesena ma con radici bulgare, davanti a un negozio etnico in piazzale Marx, ora non più in attività. I due, dopo aver condiviso una birra e chiacchierato fino a tardi, avevano deciso di rientrare a casa in bicicletta, condividendo lo stesso mezzo. Passando vicino al Cubo scolastico, l’uomo aveva salutato con una battuta leggera due individui seduti sui balconcini delle finestre al piano rialzato, esortandoli a comportarsi bene. Ignaro del fatto che il suo compagno avesse litigato con loro poco prima, coinvolgendo persino bottiglie come armi improvvisate, quel gesto saluto era stato percepito come una provocazione.
La reazione dell’imputato non si era fatta attendere. Estratta un’arma da taglio – descritta come un machete, anche se inizialmente paragonata a un’accetta – da una custodia sotto il braccio, M.A. aveva iniziato l’inseguimento. Il primo colpo aveva raggiunto la vittima alla schiena mentre fuggiva in bici, lasciando una cicatrice profonda che persiste tuttora. L’amico era riuscito a dileguarsi, ma il 40enne, ferito e rallentato, era stato raggiunto nei pressi di via Roma e della sede Ausl. Qui, ulteriori fendenti avevano colpito la testa e una mano, usata in un disperato tentativo di difesa. Caduto a terra, l’uomo aveva implorato pietà, invocando la propria famiglia, ma un ultimo affondo aveva raggiunto una gamba, sigillando l’attacco in un bagno di sangue.Alcuni passanti avevano filmato la scena con i cellulari, ma solo una residente, di ritorno a casa con la figlia, aveva prestato soccorso immediato al ferito, notando gli aggressori in fuga. Poco dopo, l’arrivo di un’ambulanza e di una pattuglia dei carabinieri aveva portato al ricovero in ospedale. Nei giorni successivi, grazie alle indagini delle forze dell’ordine, la vittima aveva identificato fotograficamente M.A. come l’assalitore.
Questo non è il primo guaio giudiziario per l’imputato: espulso dall’Italia insieme al fratello, con divieto di rientro per cinque anni, M.A. aveva già subito una condanna a due anni lo scorso luglio per un’aggressione con coltello avvenuta a Natale nella stazione ferroviaria. Oggi, accusato di lesioni gravissime, affronta un processo che getta luce su un’area della città a lungo segnata da episodi di terrore e violenza.
L’udienza proseguirà con la testimonianza dell’amico della vittima, prevista per la prossima seduta, prima che il giudice emetta la sentenza. Nel frattempo, la comunità di Cesena riflette su come simili ombre del passato continuino a influenzare la percezione di sicurezza in zone nevralgiche come quella stazione-scuole, spingendo a interrogarsi su misure preventive più efficaci.