Cronaca. Cinzia Pinna, chi era la 33enne uccisa: dagli hotel e ristoranti di famiglia al lavoro come cameriera. «Voleva essere indipendente»

Aveva 33 anni Cinzia Pinna, la donna uccisa a Palau e per il cui omicidio è attualmente in carcere un imprenditore del vino, Emanuele Ragnedda, 41enne di Arzachena: era nata e cresciuta a Castelsardo, borgo del nord-ovest della Sardegna.

Figlia di una nota famiglia di imprenditori turistici, Cinzia era andata via da Castelsardo qualche tempo fa: dopo avere lavorato a lungo nei ristoranti e hotel di famiglia, anche a Tempio Pausania, aveva trovato un posto a Palau, sempre nel campo della ristorazione. E a Palau è finito ogni suo sogno di vita.

Le due famiglie si conoscono

La famiglia della 33enne è molto nota a Castelsardo e in Gallura per avere gestito per anni ristoranti e hotel tra Castelsardo e Tempio Pausania. Ironia della sorte, i Pinna e la famiglia Ragnedda, a cui appartiene Emanuele, l’uomo accusato di averla uccisa, si conoscono da tempo: lo stesso Emanuele e Cinzia, che aveva scelto di essere indipendente lavorando in un locale di Palau come cameriera, si frequentavano ogni tanto.

La fiaccolata per Cinzia Pinna

Il paese è sconvolto dall’accaduto: questa sera, giovedì 25 settembre, si terrà una fiaccolata lungo le vie del paese per dire addio a Cinzia, organizzata dal parroco della cattedrale di Sant’Antonio Abate. Una marcia silenziosa, per la sua famiglia e per dire no alla violenza, dice don Pietro Denicu, che ha lanciato l’invito sui canali social: «Diciamo il nostro no alla violenza e alla sopraffazione, sì alla vita che dobbiamo custodire per Cinzia». La fiaccolata partirà alle 21 dalla chiesa del Crocifisso, attraverserà le strade del paese e culminerà in piazza Novecentenario.

Il cordoglio della sindaca

A esprimere il cordoglio di tutta la comunità di Castelsardo, sconvolta per la morte di Cinzia Pinna, è la sindaca, Maria Lucia Tirotto: «Ci sono momenti in cui le parole non bastano. Questo è uno di quelli. Il cuore di Castelsardo è unito e come sindaca, ma anche genitore, sento il dovere di esprimere un pensiero comune in questo momento di profonda tristezza. La tragica notizia di ieri ha spezzato il cuore della nostra città, dopo giorni di attesa e speranza», dice la prima cittadina.

«A nome mio, dell’intera amministrazione e di tutti i cittadini, esprimo il più profondo cordoglio e la più sincera vicinanza a Renato e Diana, a Carlotta, al nostro caro vicesindaco e a tutta la loro famiglia. Abbiamo sperato tutti fino all’ultimo in un epilogo diverso, ma il destino è stato crudele», continua. «Oggi, il nostro abbraccio commosso e silenzioso è per voi, nella speranza che il nostro affetto possa essere di qualche conforto. A te Cinzia va il triste ma affettuoso abbraccio della città intera con l’unico desiderio che tu possa trovare la pace che meriti. Castelsardo ti ricorderà sempre».

Prima notte in carcere

Intanto Emanuele Ragnedda, il produttore di vino in carcere per l’omicidio e che ha confessato di averla uccisa, ha passato la sua prima notte nel carcere di Nuchis, dov’è rinchiuso in attesa dell’udienza di convalida del fermo con l’accusa di omicidio volontario e omicidio volontario aggravato dall’uso di arma comune da sparo e occultamento di cadavere. Su indicazione dello stesso Ragnedda il corpo della donna, infatti, è stato trovato dopo 14 giorni di ricerche nella tenuta dell’azienda vitivinicola Conca Entosa.

Il ruolo del 26enne milanese

Nel frattempo proseguono le indagini dei carabinieri, coordinate dal procuratore capo di Tempio Pausania, Gregorio Capasso, e dalla sostituta Noemi Mancini, per ricostruire tutte le fasi del delitto e risalire al movente. Per ora dall’interrogatorio di ieri è emerso solo che Ragnedda difeso dall’avvocato Luca Montella – ha confessato il femminicidio. Prima però aveva coinvolto anche un giovane milanese di 26 anni, tirato in ballo da Ragnedda ma poi risultato estraneo ai fatti. Ora i legali del ragazzo milanese, Antonello Desini, Nicoletta Mani e Maurizio Mani attendono gli sviluppi dell’inchiesta affinché possano scagionare del tutto il loro assistito.

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