San Marino. Riforma IGR e la stupida retorica populista dei “crediti” milionari da evasori e furbetti: flatulenze contabili, rumorose ma eteree… di Enrico Lazzari

San Marino, quel gioiellino incastonato nelle colline che sembra sempre un passo dal paradiso – non certo fiscale, verrebbe da dire – e due dal celebre “autunno caldo” che lo getterebbe dritto nel baratro, con tanto di fumogeni neri e cori da stadio.

Immaginate la commedia dell’arte: una riforma IGR congegnata per rastrellare 20 milioni annui dalle tasche di rendite, imprese, lavoratori e pensionati; non con un colpo di fortuna al casinò statale di Rovereta, ma con aumenti strutturali che fanno venire l’orticaria a chiunque sia costretto a infilare la mano nella tasca destra – quella dei soldi veri, mica in quella sinistra dove si nascondono i sogni – e, peggio ancora, a estrarre il portafoglio, magari solo per frugare nello scomparto degli spiccioli, con l’aria di chi scava per un tesoro sepolto.

Ma tant’è, la vita è un cabaret… Bum! Scoppia il pandemonio: sciopero generale lo scorso 23 settembre, un’orda inferocita che tallona i sindacati – Csdl, Cdls e Usl, uniti come una ronda di quartiere che insegue ladri e topi d’appartamento armata solo di slogan – marciando compatta contro questa presunta “ingiustizia discriminatoria”.

Diecimila anime in piazza, giurano i sindacati, in una Piazza della Libertà che, misurata con Google Maps (e non con il righello da falegname), copre appena 677 metri quadrati: fate i conti, sarebbero 15 corpi accalcati per metro quadro, un sushi umano da far invidia ai treni di Tokyo all’ora di punta.

Ma non era così, perchè anche le tre vie di accesso rigurgitavano di folla, sì, per una ventina di metri verso la funivia, una quindicina verso la Pieve e un’ottantina verso il liceo classico… Facciamo i generosi, aggiungiamo metri quadri extra per arrivare a mille di superficie calpestata dai rivoltosi. Diecimila partecipanti? 10 corpi per metro quadro, senza contare lo spazio divorato dalla Statua della Libertà – che, poverina, sembrava sul punto di invocare i diritti umani – e dal palco sindacale, gonfio come un pallone da spiaggia.

Una “compressione” umana da Guinness dei Primati, al pari della fanfaronata sul conteggio: roba da far ridere i polli, se non fosse, nel suo patetico gonfiaggio, una presa in giro che compromette la già provata credibilità delle forze sindacali sammarinesi…

Come sapete, io non sono tipo da sparare a vanvera – amo i fatti come un vampiro ama il sangue fresco – e mi piace argomentare ogni mia stoccata. Così, per non lasciare adito a dubbi, eccovi gli screenshot da Google Maps:

Sopra e sotto: screen catturati dal servizio della Tv di Stato, San Marino RTV, del 23 settembre scorso.

Non si discute sui numeri, perchè la matematica – è noto – demolisce le illusioni e smaschera le prese in giro. E i numeri ci dicono che lo scorso martedì, sul Pianello, c’erano non più di 3.500 persone, tre e un piede per metro quadro, al massimo. Che comunque non sono poche e bastano – e avanzano! – per far parlare il Sindacato di grande successo, a ragione.

Ma torniamo alle cose serie. All’ira dei lavoratori, alimentata dalla benzina sul fuoco gettata, soprattutto sui frontalieri, da conteggi, previsioni e proiezioni economico-fiscali da cassandra; partorite ad hoc, penserebbe chi è solito pensar male. Ira che si è concretizzata, poi, in minacce, come quella di sabotare il Rally Legend, quel circo motorizzato che attira turisti da ogni dove come mosche sul miele, o di rovinare la pomposa cerimonia di insediamento dei Capitani Reggenti del 1° ottobre. Un incubo per un Paese che campa di vetrine luccicanti e selfie all’ombra di Palazzo Pubblico. Ma poi, magia: San Marino non è Gaza, i sindacati non sono Hamas e il governo non il comandante dell’IDF… La tregua si concretizza, dopo appena la prima scaramuccia. Esecutivo, Cdls, Csdl e Usl si siedono a un tavolo che non crolla subito, ma che durerà almeno fino al 7 ottobre prossimo, a Rally Legend ormai sbaraccato. Gli eventi se la scampano indenni, e tutto slitta al 7 ottobre, in Commissione.

Da italiano che scruta questo teatrino da bordocampo, mi chiedo: finirà con un abbraccio o con un cazzotto? Il mio scetticismo dice la seconda, ma godiamoci la tregua e il rombo dei motori, per ora.

Non è su questo valzer che voglio affondare il coltello oggi, però. Lasciamo che l’articolato torni in scena e vediamo se sopravviverà, non tanto a questa tregua negoziale, ma all’autunno caldo che se questa fallisse si aprirebbe.

No, il vero spettacolo grottesco che merita attenzione, oggi, è quella retorica da Bar Sport che infesta i social sammarinesi come un’erbaccia parassita, pompata da qualche sindacato in vena di populismo e da partiti d’opposizione che fingono di essere i salvatori del popolo. Il ritornello è stantio: “Invece di succhiare altro sangue da noi poveracci, che lo Stato vada a bussare dai grandi debitori! Da quelle aziende che devono milioni in monofase, contributi e cavolate varie!”.

Oh, che bel sogno umido: un eroe governativo che agita una bacchetta e poof, i buchi si tappano con soldi altrui.

Peccato che sia una balla colossale, una fiaba per adulti creduloni che serve solo a rimandare la sveglia. E io, con il mio solito piacere sadico per le verità scomode, intendo calpestare questa leggenda metropolitana fino a ridurla in poltiglia, perché se continuiamo a crederci, il Titano finirà per affogare nelle sue stesse illusioni. E non mi riferisco alle inverosimili stime sindacali sulla presenza in Piazza della Libertà

Andiamo al sodo, senza giri di parole, dando una tregua anche a quel politically correct che mi fa venire la nausea. Non nego che sarebbe orgasmico, eticamente e legalmente, se lo Stato recuperasse ogni euro da evasori e furfanti assortiti. Applaudirei in piedi. Ma la cruda verità è che quei “grandi debiti” sono come zombie in un film di serie B: morti, sepolti e impossibili da resuscitare senza un necromante.

Parliamo di srl fallite da ere geologiche, liquidate e svanite nel nulla, con bilanci che sembrano papiri egizi. Come diavolo si incassa da un’azienda che esiste solo nei sogni dei creditori? Con un esorcismo fiscale? Anche gli strozzini più tosti gettano la spugna quando il debitore è un mucchio di polvere.

L’Esattoria, la Banca Centrale ha sparato tutte le cartucce: cause, pignoramenti, sequestri – quando c’è qualcosa da sequestrare – da far impallidire un thriller legale. Risultato? Zero, almeno secondo i fans sognatori del recupero crediti.

Cari sammarinesi, quei crediti servono solo a imbellettare i rapporti del FMI, tipo “ehi, vantiamo milioni da incassare!”, quando in realtà sono flatulenze contabili, rumorose ma vuote.

E poi c’è il lato tecnico, quello che fa sbadigliare i profani ma illumina il casino. Nel commercio di liquori e superalcolici – quei carichi che entravano e uscivano a bancali dai confini come clandestini in un rave – tanti debiti monofase sono puri miraggi burocratici. Importi gonfiati da merce riesportata, che in teoria andrebbero sgonfiati o cancellati post-vendita con un rimborso determinato dalla riesportazione. Ma non si sono mai sgonfiati, tanto che lo Stato si ritrova con montagne di “crediti monofase” che non sono mai stati soldi persi, solo dimenticanze da matita blu.

Come estrarre oro da questa melma? È come mungere una mucca scheletrica dispersa da giorni in un deserto. E chi cavalca questa cavolata – sindacati che ululano come lupi mannari per deviare dal vero problema degli aumenti, o opposizioni che fingono amnesia sui loro disastri passati, tipo quel debito pubblico miliardario che succhia interessi come un vampiro avido non fa altro che demagogia da discount, populismo becero, che poi sfonda sui social, ma alimenta solo la confusione.

Loro, certi politici, che magari hanno presieduto quando si aprivano crateri nelle banche o si lasciavano galoppare aziende fantasma, ora si ergono a crociati contro i mulini a vento. Ridicolo, no? Come un ubriaco che predica astinenza al bar.

Basta con queste pagliacciate: stanno solo ritardando il risveglio collettivo, trasformando una riforma necessaria in un capro espiatorio per le loro inadempienze.

Alla fine dei giochi, questa riforma IGR non è il sadismo di un governo annoiato, ma l’amara medicina per un paziente che ha vissuto troppo a credito. Se vogliamo un San Marino che non mendichi prestiti come un clochard di lusso, serve ingoiare la pillola: pagare equamente, inseguire solo i debitori “vivi” e seppellire le favole da social. Altrimenti, il prossimo round di proteste non salverà rally né capitani, ma accelererà la discesa nel burrone.

Vediamo che si combinerà dopo il 7 ottobre: io punto su un altro circo di accuse volanti. Ma almeno, per l’amor del cielo, smettiamola di inseguire fantasmi fiscali. Sarebbe ora di crescere, cari Sammarinesi.

Enrico Lazzari

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