San Marino. Visita guidata tra la storia e i tesori artistici del convento di san Francesco con suor Maria Gloria Riva e Laura Rossi. Iniziativa promossa dall’Associazione Emma Rossi

La storia del convento e della chiesa di san Francesco è nota a molti. Pochi invece conoscono la meraviglia dei tesori artistici ivi contenuti. Preziosa, dunque, la relazione tenuta da suor Gloria Riva, madre superiora delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento, e dalla professoressa Laura Rossi nell’ambito delle iniziative promosse dall’Associazione Emma Rossi. La quale, nelle sue finalità statutarie, ha appunto la promozione della conoscenza ed eventi che contribuiscono a mantenere un diretto contatto con la cittadinanza e il territorio.

Il primo focus è stato acceso su un magnifico affresco del XV secolo, oggi conservato nella pinacoteca, ma che un tempo era collocato in chiesa, dentro il passaggio che dovevano percorrere i Reggenti per accedere al coretto loro dedicato. Rappresenta i tre re Magi che portano i doni a Gesù Bambino, seduto in braccio a Maria Vergine. Suor Gloria ha spiegato che l’opera è attribuita a Bittino da Faenza, che interpreta nella sua affascinante iconografia il simbolismo dell’epoca. Ha fatto quindi notare l’oggetto in mano a san Giuseppe, che è lo stesso contenuto in una vetrinetta del museo: un reliquario nel quale si conserva un pezzo del cordone di san Francesco. Una vera sorpresa per tutti.

Altre due meraviglie sono esposte nella galleria soprastante (la cui origine architettonica è stata poi illustrata dalla professoressa Rossi). Due quadri dedicati al mistero di Maria Immacolata, il cui culto nacque e si diffuse nel XVI secolo, entrambi a firma di Girolamo Marchesi da Cotignola. Uno di essi mostra sullo sfondo la più antica raffigurazione del monte Titano visto da Rimini, l’altro raffigura idealmente, ma con incredibile efficacia, un giovane san Marino mentre sorregge e dunque “protegge” la sua città. 

La storia della chiesa, raccontata da Laura Rossi, risale al 1361, quando si decise di trasferire in una zona più protetta il convento francescano esistente a Murata, nei pressi della strada di Chiusa, spesso infestata dai briganti e dalle continue lotte tra guelfi e ghibellini. Lo si costruì a ridosso delle mura cittadine, la murata nuova, per distinguerlo dalla murata vecchia presso cui era prima. Il suo ingresso ufficiale era la Porta del Loco, oggi Porta del Paese. I maestri comacini che furono incaricati della costruzione lasciarono scolpite nelle pietre esterne i segni massonici della loro corporazione, tuttora visibili. La struttura architettonica fu pesantemente rimaneggiata nel ‘700 e solo nel ‘900, con il restauro di Gino Zani, sono tornate leggibili le grandi finestre gotiche e il rosone sulla facciata d’ingresso. Originariamente, il complesso era diviso in due parti, un braccio proteso verso via Basilicius (dove oggi c’è palazzo Giangi) collegato all’altro, proteso verso il teatro, dalla loggia che attualmente ospita la Pinacoteca. 

A suor Gloria il compito di illustrare le opere pittoriche che ornano le pareti della sala assembleare, donate da famiglie sammarinesi nel secolo scorso; ma soprattutto due veri gioielli che impreziosiscono il patrimonio artistico della chiesa. Il primo è il crocifisso ligneo sopra l’altare, unica testimonianza degli arredi del vecchio convento della Murata, oltre al monolite che sorregge la tavola d’altare. A tale riguardo, ha ricordato che nel Medioevo gli oggetti sacri venivano usati per drammatizzare la scena che si andava rappresentando, per questo i crocifissi avevano talvolta le braccia mobili per farli scendere dalla croce, avevano abiti veri e capelli veri. Anche questo crocifisso ha capelli veri, donati dalla signora Battistini oltre 50 anni fa per sostituire quelli precedenti, ormai irrimediabilmente deteriorati. 

Straordinaria la pala di Mariotto da Perugia collocata sopra l’altare: “Cristo morto tra santa Apollonia e san Francesco”. Pochi forse sanno che Apollonia, martire cristiana del III secolo, prima di essere la protettrice dei dentisti, era la santa degli innamorati. La sua festa liturgica cade il 9 febbraio. Vero capolavoro il Cristo che sorge dal sepolcro e mostra i segni della Passione, dipinto sullo sportello del tabernacolo. Nel triangolo superiore a chiusura della pala, Dio Padre onnipotente in mezzo a dolci Cherubini; sotto, una Veronica (il nome significa: vera icona di Cristo) che mostra l’immagine del Salvatore rimasta impressa sulla tela. Ma c’è una grande curiosità anche nella predella, per altro assai deteriorata. Tra i frati minori e le pie donne, tra cui pare ci sia anche Donna Felicissima, compare un bellissimo san Marino giovanetto che, insieme a sant’Antonio, regge tra le mani uno scudo dorato con le tre torri. 

In chiusura, l’ultima chicca presentata da Laura Rossi. Nel luogo dove sorge il convento, c’era un’apprezzata scuola di teologia e filosofia, unica istituzione culturale del XIV secolo, dove pare abbia studiato addirittura Giovanni Bertoldo da Serravalle, che scrisse in latino (la lingua universale di quell’epoca) i commenti alla Divina Commedia per i cardinali del concilio di Costanza. 

Applausi a scena aperta per le due relatrici da parte di una chiesa affollatissima, che ha particolarmente apprezzato la loro maestria nella comprensione delle opere anche da parte di non esperti, facendone cogliere aspetti di grandissimo interesse storico, artistico e, in alcuni casi, anche liturgico. Intanto, l’Associazione Emma Rossi sta lavorando al prossimo grande evento del 2026: il premio internazionale che, in questa occasione, sarà dedicato ad una donna che abbia saputo distinguersi nel campo della medicina.