Un clima di terrore sul posto di lavoro ha portato un imprenditore di 61 anni originario di Rimini davanti al tribunale, accusato di una serie di violenze e pressioni illegali nei confronti dei suoi sei dipendenti a Santarcangelo. La decisione arriva dal giudice per le udienze preliminari Vinicio Cantarini, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio al termine dell’udienza svoltasi l’altro ieri, aprendo la strada a un processo che promette di fare luce su abusi fisici e psicologici perpetrati nel 2024.Le accuse pesano come macigni: atti persecutori, danneggiamento, estorsione, percosse, minacce, lesioni e diffamazione.
Tutto ruota attorno alla ditta di Santarcangelo, dove i lavoratori – residenti tra Rimini, Forlì e Cesena – hanno subito un’escalation di soprusi che ha reso insostenibile l’ambiente quotidiano. Il giudice ha anche autorizzato la costituzione di parte civile della Filt Cgil, il sindacato impegnato a difendere la dignità dei lavoratori in azienda, rappresentato in aula dall’avvocato Maurizio Ghinelli. I dipendenti stessi si sono uniti come parti civili, assistiti tra gli altri dagli avvocati Maurizio e Martina Ghinelli, mentre l’imputato sarà difeso dal legale Piero Venturi. La prima udienza del processo è in calendario per il 19 novembre, davanti al giudice Luca Gessaroli.
Gli episodi denunciati dipingono un quadro agghiacciante di abusi ripetuti proprio nei luoghi di lavoro. L’imprenditore aveva preso di mira una giovane impiegata alle prime armi, imponendole di non lasciare l’ufficio finché non avesse completato i compiti e rispondendo alle sue obiezioni con parole dure come quelle in cui le diceva che avrebbe meritato le bastonate, mentre le si avvicinava agitando un bastone e spingendola via. Non esitava a insultare i dipendenti in presenza di testimoni, esigendo poi il loro silenzio sotto minaccia di licenziamento. A un operaio che reclamava il pagamento per le ore extra domenicali non retribuite, aveva replicato dicendogli che se non gli andava bene poteva licenziarsi e che gli avrebbe spezzato le ossa.
Il mese successivo, non solo non ha saldato quanto dovuto, ma lo ha affrontato in ditta sputandogli in faccia.Le violenze non si fermavano alle parole: usava l’idropulitrice per colpire i dipendenti con getti d’acqua, colpendone uno in particolare dopo che questi aveva tentato di difendersi con una mazza di ferro, sottoponendolo invece a un getto d’acqua gelida. Un altro ha visto il suo motorino danneggiato da una mazza da baseball, mentre un lavoratore straniero veniva apostrofato come ladro e accusato ingiustamente di aver sottratto merce per 50mila euro. In un caso estremo, ha trattenuto senza motivo uno stipendio intero, e in un altro ha minacciato di morte un dipendente brandendo un estintore e urlandogli che gli avrebbe dato fuoco.
Culmine dell’orrore è stato il tentativo di estorsione su una dipendente, alla quale aveva intimato di firmare un falso documento in cui negava l’aggressione subita da una collega, pena il licenziamento immediato.Sotto costante pressione di licenziamenti, comportamenti disumani e una raffica di abusi fisici e psicologici, i sei dipendenti hanno deciso di rompere il silenzio rivolgendosi alle forze dell’ordine, scatenando le indagini che hanno portato a questo punto. Il caso, che tocca corde sensibili come la tutela dei diritti sul lavoro a Cesena, Forlì e dintorni, sottolinea l’urgenza di meccanismi più stringenti contro le estorsioni e le minacce in ambito aziendale, offrendo una chance per ristabilire equità e sicurezza per chi ogni giorno contribuisce al tessuto produttivo del territorio.