Oggi il Segretario agli Esteri di San Marino, Luca Beccari, è stato oggetto di un articolo del Sole 24 Ore in cui è stato celebrato l’Accordo di Associazione tra San Marino e Unione Europea come un traguardo storico e vantaggioso.
È’ stato dipinto l’accordo come una scelta lungimirante, “ragionata e consapevole” fatta “per non lasciare i nostri giovani senza futuro”, assicurando che non è un’operazione ideologica ma di puro pragmatismo economico.
Quindi, l’Accordo di Associazione con l’UE sarebbe una panacea: accesso al mercato unico, maggiore competitività per le imprese, addirittura la soluzione a inconvenienti quotidiani come i pacchi Amazon e i conti correnti in Italia.
Giuro Beccari lo ha veramente detto!
Inoltre il Segretario di Stato Beccari avrebbe garantito che la sovranità sammarinese non verrà intaccata ma anzi rafforzata, grazie a una “partnership” paritaria con Bruxelles e alla partecipazione di San Marino al processo decisionale europeo. Ma questo non è assolutamente vero!
Infine, in altre occasioni Beccari ha minimizzato le polemiche sulla mancata consultazione popolare, arrivando a bollare l’accordo come “troppo complesso” per poter essere sottoposto a referendum.
Assurdo! Come anche solo pensare che i sammarinesi non sarebbero stati in grado di comprenderne la portata e la tecnicità dello stesso accordo e dunque non avrebbero dovuto esprimersi con il voto.
Un’affermazione che suona come una grave mancanza di rispetto verso l’intelligenza e la maturità democratica del Paese.
Quanto al famigerato addendum riservato, Beccari lo ha ridimensionato a semplice “dettaglio tecnico chiarificatore”. Ma la contraddizione è evidente: se davvero fosse solo un dettaglio innocuo, perché non mostrarlo apertamente all’opinione pubblica? Cosa c’è sotto? La segretezza con cui lo si custodisce alimenta invece il sospetto che vi siano clausole scomode, destinate a rivelarsi soltanto a firma avvenuta.
Di fronte a questa narrazione entusiastica, un’analisi critica punto per punto rivela un quadro ben diverso.
Come ho gia’ avuto modo di osservare, corroborato da altri commentatori indipendenti, quella di Beccari è “una narrazione infarcita di inesattezze, esagerazioni e contraddizioni”, tanto che l’accordo somiglia a “un prodotto difettoso, avvolto in carta regalo europea”.
Vediamo perché, evidenziando tutti gli argomenti e cioè:
– l’accesso al mercato unico;
– la sovranità e l’allineamento normativo;
– la presunta partnership con l’UE,
– le conseguenze economico-sociali per San Marino,
– il deficit di coinvolgimento democratico (referendum negato)
– e la questione opaca dell’addendum segreto.
Primo punto. Accesso al mercato unico: vera novità o falsa promessa?
Nell’articolo, ma non solo qui, il Segretario Beccari presenta l’accesso al mercato unico UE come una svolta epocale per San Marino, indispensabile per il nostro settore manifatturiero (che oggi rappresenta circa il 35% del PIL). Ha ripetuto più volte che per le aziende “non è più solo spedire la merce, ma venderla” direttamente nel mercato comunitario, suggerendo che finora San Marino fosse escluso da queste opportunità. Quindi lascia intendere che l’accordo spalancherà finalmente le porte a 450 milioni di consumatori, garantendo piena integrazione commerciale e un futuro di crescita.
Ma questa rappresentazione è parziale e fuorviante. L’“accesso al mercato unico” non è una novità assoluta: San Marino già da decenni gode dell’unione doganale con l’UE (via Italia) con il T2 (che rimarrà ma Beccari non lo dice mai) per i prodotti industriali e utilizza l’euro come moneta.
Le nostre merci possono già circolare, con le relative procedure di transito, senza dazi. L’accordo, quindi, non spalanca davvero porte mai aperte: semmai introduce un nuovo livello di vincoli normativi e burocratici.
Il punto più importante che il Segretario Beccari omette parrebbe volutamente, non facendo per me gli interessi del paese, è che l’accesso al mercato è a doppio senso. Se da un lato le imprese sammarinesi potranno teoricamente offrire i propri prodotti e servizi in un bacino enorme, dall’altro lo stesso bacino, fatto di colossi industriali e commerciali con capitali, reti distributive e tecnologie infinitamente superiori ma anche di medio e piccole aziende agguerritissime, potranno riversarsi liberamente nel nostro territorio, senza alcun filtro o protezione.
Per le aziende sammarinesi, abituate a competere in una nicchia protetta e a sfruttare flessibilità e rapporti bilaterali, questo significa trovarsi improvvisamente di fronte a concorrenti con prezzi più bassi, economie di scala inarrivabili e capacità di assorbire perdite che nessuna micro o piccola impresa locale può sostenere.
Il risultato è prevedibile: molte attività saranno schiacciate, costrette a chiudere o a svendere, incapaci di reggere una competizione così sproporzionata. E come potrebbero?
Beccari descrive l’accordo come una “ancora di salvezza” per l’export. Ma la verità è che, a fronte di vantaggi marginali sul fronte commerciale, rischiamo di spalancare la porta di casa nostra a una concorrenza devastante che travolgerà il tessuto economico e produttivo del Paese.
In altre parole: ciò che viene venduto come un’opportunità storica potrebbe trasformarsi in un colpo mortale per la sopravvivenza stessa delle imprese sammarinesi quindi anche delle entrate fiscali, occupazione e benessere: se non vendi perché sei fuori mercato muori e licenzi.
Un altro aspetto da sottolineare è che forse il Segretario Beccari, provenendo da un percorso in Banca Centrale e quindi da un ambiente fatto di super stipendi garantiti, non può comprendere fino in fondo cosa significhi per una piccola o media impresa lottare quotidianamente sul mercato, sapendo che ogni mese si gioca la sopravvivenza.
Non è necessariamente una sua colpa personale: è la sua formazione e la sua esperienza a non averlo messo davanti al rischio concreto del fallimento, alla pressione dei costi, alla concorrenza spietata che può portare a chiudere i battenti da un giorno all’altro.
Quindi, dietro la falsa e rischiosa bandiera dell’accesso al mercato unico si “mascherano enormi svantaggi”. Come già sottolineato, l’accordo richiede a San Marino “un recepimento massiccio dell’acquis UE” (quindi di migliaia di direttive e regolamenti) a fronte di “vantaggi marginali e illusori” sul fronte commerciale.
San Marino ha prosperato per decenni fuori dal mercato unico, grazie alla sua flessibilità, agli accordi bilaterali con l’Italia e a una posizione strategica che gli ha permesso di navigare tra i giganti senza esserne schiacciato. Non essere membro UE non ha impedito finora alle imprese sammarinesi di vendere all’estero, mentre entrare nel mercato unico potrebbe imporre vincoli e costi burocratici ben maggiori dei benefici.
Va inoltre ricordato che modelli alternativi di integrazione economica esistono: San Marino già intrattiene rapporti privilegiati con l’UE tramite accordi settoriali. Una strada simile a quella Svizzera (accordi bilaterali mirati) “potrebbe preservare molta più autonomia, evitando la concorrenza feroce e gli svantaggi catastrofici” insiti nell’accordo attuale.
In altre parole, l’idea che l’Accordo di Associazione rappresenti l’unica via per l’accesso al mercato è fuorviante: San Marino in parte è già integrato e ulteriori migliorie erano perseguibili con negoziati specifici, senza doversi legare mani e piedi all’intero acquis comunitario.
(Fine prima parte)
Marco Severini – direttore GiornaleSM