Ieri, mentre l’autunno sammarinese spazzava il Monte con le prime folate gelide, una famiglia ha trasformato una passeggiata innocua in un incubo da favola nera: è il pomeriggio quando, dietro le scuole elementari di Murata, un paio di bimbi rovistano tra le foglie per raccogliere castagne che papà e mamma han fatto franare dai rami sovrastanti.. Ma, invece di un tesoro infantile, i piccoli trovano la testa mozzata di un gatto e, poco dopo, il padre scova il resto – zampe dilaniate, visceri sparsi come coriandoli macabri… – in una scena che puzza di predazione fresca, con zanne che non perdonano. Segnalazione lampo alle forze dell’ordine, rimozione frettolosa per non far vomitare i piccoli all’ingresso in aula stamane…
Il Titano, oggi, si desta con un conato collettivo: non è un film di serie Z, ma realtà che morde, con resti felini a due passi da dove si impara a contare fino a dieci invece di fuggire da un’ombra grigia. Eppure, la vicenda attuale, un film lo riporta alla mente: Ginger Snaps (2000), diretto da John Fawcett: film macabro sui lupi che – se non fosse stato girato anni fa – potrebbe apparire ispirato al pomeriggio sammarinese di ieri: due sorelle adolescenti si imbattono in un attacco lupesco improvviso in un contesto suburbano e scolastico, dove l’aggressione ad un cagnolino finito sbranato scatena una trasformazione orrenda che lambisce l’innocenza giovanile, trasformando un gioco da cortile in un incubo di zanne e urla soffocate… Un’eco tagliente di come un micio innocente diventi preda a due passi da un’aula di scuola, lasciando genitori a interrogarsi se il prossimo “gioco” dei loro piccoli… Vabbè, avete capito.
Se, invece di un micio sventurato – quel batuffolo grigio che ha scambiato il prato per un invito a cena –, ci fosse stato un marmocchio con le ginocchia spellate e gli occhi spalancati dalla curiosità, a rincorrere una castagna ribelle? Mi si accappona la pelle solo a sfiorare l’ipotesi, come se il Titano – roccaforte di miti intoccabili – si ritrovasse a sussurrare non favole da camino, ma echi di un’innocenza sfregiata tra le foglie umide, un’ombra grigia che non si accontenta di prede feline ma lambisce il confine tra gioco e terrore, lasciando genitori a interrogarsi se il prossimo autunno sarà da castagne o da giochi di bimbi reclusi in salotto o in garage.
Non è un capriccio del caso, questo, e smettetela di recitare la parte dell’agnello fiducioso: da mesi il Monte ingoia gatti nel nulla, 35, forse 37 svaniti tra giugno e agosto, soprattutto a Fiorentino e Valdragone, con appelli da APAS e Anima San Marino che echeggiano come lamenti in un vicolo cieco, mentre AIDAA evoca rapitori seriali o mercati neri, eco di furti emiliani che puzzano di malavita organizzata e complottismi da rettiliani. Certo, quest’ultima si sciolgono come sciocchezze da complottisti da osteria, ma ora, con questi brandelli a portata di mano innocente, l’ipotesi che branchi di lupi – non metafore da nonni al camino, ma belve con appetito vero – stiano decimando i felini domestici anche sul Titano si gonfia come una nuvola di tempesta.
Gli esperti lo confermano senza giri di parole: presenza radicata e in crescita, nutrite da boschi generosi e prede comode – roditori, lepri, e micio che scappa dal cancello – e non più relegate ai crinali. Il circondario romagnolo ne è testimone da agosto, con massacri a Rimini (capra e pecora fatte a strisce all’ex Ghigi), un nonnino azzannato ma scampato e bollettini di cani sventrati a Imola e Mercato Saraceno che segnano un +20% di incursioni nel 2025, bestie diurne che snobbano i trattori e si avventurano sotto le statali, come se il confine tra natura e marciapiede fosse solo un’illusione da cartolina.
Sottovalutare? Un lusso da chi non ha figlioletti che giocano nei campi o cuccioli che non stanno ronfando sul tappeto mentre il crepuscolo si fa ostile. Le autorità – con divise stirate e bollettini che odorano di polvere da sparo inesplosa – spargono consigli da brochure: “Animali al chiuso, niente cibo in giro”, e termocamere nei boschi che catturano più fantasmi che branchi. Ma è roba da sufficienza scolastica: no, non basta, perché il lupo non è il turista selvatico che spaventa i cacciatori di weekend, ma un coinquilino sfacciato che invade i borghi, dove asfalto e artigli si sfiorano come amanti proibiti.
I cittadini pretendono – e meritano – di più: pattuglie mirate, reti selettive, allarmi acustici o spray repellenti, un protocollo condiviso con l’Emilia per censire i branchi senza farli eroi di documentari nazi-green. Tutela della fauna? Nobile, ma non se trasforma il Titano in un’arena per predatori, dove la tutela dei predatori mette a rischio vero i pargoli che inseguono farfalle e neppure pensano di potersi trovare a quattrocchi con un’ombra pelosa e ringhiante.
In Romagna, Coldiretti e Cia già reclamano abbattimenti chirurgici, e San Marino, con i suoi varchi invisibili, non può fare la civetta che fischia nel buio: azione, non chiacchiere fanatico-ecologiste che celano pigrizia, perché un macabro ammasso di resti dietro una scuola elementare non è “episodio”, ma sirena che ulula come un allarme antincendio in una casa di paglia.
E dal mio osservatorio a 12 chilometri dal Titano – abbastanza da captare l’eco degli ululati, abbastanza da non dover barricare il gatto in cantina –, vi sparo dritto: ridestatevi, repubblica di miti e mattoni, prima che il lupo non si sazi di un randagio e sfondi la soglia vera, con fauci aperte e zero ossequio per le guelfe torri. Sennò, la prossima battuta di castagne diventerà caccia alle code grigie, e il Monte – che ha schivato cannoni e crepe telluriche – cederà a un mito che si è fatto carne. Tagliente? Meglio un graffio preventivo e crudo oggi, che un brranco di zanne ad attendervi sotto casa, nella notte, domani…
Enrico Lazzari
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