San Marino e riforma IGR. Sindacati: “Ok a più tasse, ma solo per gli altri…” Governo, è ora di tirar dritto: approvazione o eutanasia politica! … di Enrico Lazzari

San Marino? Ne sono sempre più convinto: una perla di microstato dove i drammi fiscali si consumano come farsacce da avanspettacolo, e io – povero commentatore straniero – come se fossi il traduttore di questa pochade, con i sindacati in tuta da supereroi e il governo in doppiopetto da clown… Ma torniamo seri, almeno un po’. Il Titano oggi è diviso in due, da un lato i sindacati che urlano “sacrifici per tutti!“, ma intendono “sacrifici per tutti tranne i loro iscritti“; dall’altro un governo che, invece di imporre la mano con la fermezza di un padre saggio e severo, si perde in trattative infinite, annacquando la riforma IGR fino a provare a trasformarla in un minestrone insipido. E nel mezzo? La maggioranza politica, quel guazzabuglio di alleanze dove, sul tema in questione, qualcuno fa la parte del guastafeste equivoco, aprendo varchi a modifiche che non si sa se siano genuini o solo un modo per coprire le tergiversazioni interne.

Risultato? Una vertenza che, partita con il botto degli scioperi, rischia di arenarsi in un pantano sterile, con il gettito statale extra che ha ispirato la  riforma che svanisce come fumo e le casse pubbliche – già prosciugate dal decennio scorso di scempi, con apice negli anni dell’esecutivo Adesso.sm – che finiranno col ridere amaro dell’ennesima tragicommedia comico-populista.

Per oggi, il mio “lavoro” di informazione, analisi e commento, potrebbe chiudersi qui. Ma ogni considerazione, ogni opinione – sapete come la penso – va argomentata. Quindi, partiamo dai paladini del popolo, i sindacati CSdL, CDLS e USL, quei signori che da settimane agitano lo spauracchio della “riforma iniqua” come se stessero difendendo la Patria da un’invasione di esattori extraterrestri.
Sacrifici per tutti, strillano a squarciagola, ma guai a sfiorare i loro lavoratori: la proposta che hanno sventolato sotto il naso della maggioranza il 18 ottobre scorso – per quel che è trapelato e ho dunque potuto comprendere – appare un monumento all’ipocrisia su misura, cucito per tenere al riparo una categoria mentre si scarica il pacco sulle altre.

Ricordate l’obiettivo della riforma? Un incremento strutturale del gettito IGR di circa 20 milioni annui dal 2026, vitali per tappare i voragini del bilancio statale senza affogare in nuovo debito, urgenza che, in un paese con un debito miliardario, puzza di necessità reale più che di sfizio governativo. E come si spartiscono questi 20 milioni? Secondo le stime, prima di questa nuova e patetica concertazione, meno di quattro milioni avrebbero gravato sui lavoratori dipendenti, quindi meno del 20% del totale, nonostante questi rappresentino circa il 45% dell’intera popolazione, neonati compresi – al 18 luglio 2025: 14.772 lavoratori dipendenti residenti più 8,609 frontalieri, a fronte ad esempio di appena 1.560 autonomi o indipendenti -, ma ciò non frena chi ulula “pagano sempre le buste paga!”

Così, scendendo nel merito delle ultime modifiche presentate dai tre sindacati, queste arriverebbero ad azzerare quei quasi quattro milioni di gettito previsto da chi lavora “sotto padrone”… Costringendo i “contabili” di Stato ad incrementare della stessa la pressione su tutti gli altri per centrare l’obiettivo della riforma IGR.

Infatti, le – chiamiamole – “coperture” sbandierate da CDLS, CSdL e USL dovrebbero arrivare da. recupero sostanzioso derivante da controlli anti-evasione – peraltro già previsti nella bozza originale, come le verifiche automatiche su chi dichiara meno di 15mila euro annui – e controlli serrati sul lavoro festivo o straordinario…

Alla fine, i sindacati, con la loro jihad contro gli “aggravi sui deboli”, di fatto spostano il barile sugli “altri”: autonomi, imprese con i controlli e l’addizionale, rendite… Sacrifici equi? Figuriamoci, è il solito “salviamo il soldo mio, arrangiati col tuo“. E intanto i loro quadri si radunano in sale riscaldate a Borgo Maggiore, tracannando caffè all’unanimità su proposte che puzzano di demagogia da quattro soldi.

Dunque, la storia di questa vertenza è un copione da commedia degli equivoci, degna di un Goldoni romagnol-sammarinese: tensioni che covano da settembre, esplose nel primo sciopero generale del 23 – migliaia in piazza, urla, striscioni, il solito circo – seguito dal bis il 7 ottobre, con adesioni da record che i segretari generali hanno pomposamente celebrato come “vittoria del popolo”. E il governo? Invece di irrigidirsi e mandare avanti la bozza in Commissione con i denti stretti, riapre il tavolo: incontri a Palazzo Begni, presidi all’esterno, e un clima che da bellicoso vira al “dialoghiamo, suvvia”.

Sterile? Altroché: questa sarà una settimana “cruciale”, ha annunciato domenica scorsa RTV (se non si risolve in nuovi rinvii), con il Segretario alle Finanze Marco Gatti che rientra da Washington e la maggioranza che si riserva “valutazioni tecniche“. Il sindacato, irrealistico come un sogno ad occhi aperti, spara proposte che ignorano la realtà: zero aggravio per i dipendenti che hanno perso il 20% di potere d’acquisto? Bello, poetico, ma dove li trovi i soldi, se non tassando di più gli altri?

E il governo, indebolito da questo tira e molla, perde smalto giorno dopo giorno: la compattezza della coalizione si incrina, con voci interne che sussurrano di “aperture necessarie” per non implodere.

Parliamoci chiaro: il governo ha già concesso il massimo che un esecutivo autorevole poteva, senza chinare la testa del tutto e senza apparire come la traviata donzella innamorata del narcisista di turno, che la spreme e le lascia la dignità di un verme strisciante. In seconda lettura il governo “innamorato” del sindacato “narcisista” ha già assicurato che saranno approvati emendamenti come la rimodulazione della quota SMAC a 5.000 euro per redditi fino a 30.000 euro, inclusione delle utenze domestiche nelle detrazioni, raddoppio dell’incidenza carburanti da 750 a 1.500 euro (e quest’ultimo punto interessa anche i lavoratori frontalieri, rendendo ridicole le tabelle sindacali incentrate su benefici Smac zero per gli stessi lavoratori italiani); misure che secondo primi calcoli riducono l’impatto originale della riforma sui lavoratori dipendenti di una percentuale non certo irrisoria.

Anzi, già questi costano cari: gli obiettivi di gettito si ridimensionerebbero di un paio di milioni netti, con il rischio che il totale dei 20 scenda sotto i 18, forzando tagli altrove o nuovi incrementi ad altre categorie o, peggio, nuovo debito. E per cosa? Per placare un’opposizione che sbraita e una maggioranza che, ahimè, non è un monolite. Prendete Guerrino Zanotti, consigliere di Libera, che il 14 ottobre spargeva dubbi sul nodo frontalieri e SMAC, aprendo a “nuove modifiche” che suonano come un “facciamo un po’ come ci pare”. O i resoconti di Fixing del 14 ottobre, che parlano di opposizione agguerrita e maggioranza “divisa”: da un lato Repubblica Futura (sì, partito cardine del governo AdessoSm) e Rete spingono per quella che chiamano equità, tradotto, “si ritiri la riforma!”; dall’altro Libera tergiversa, forse per non scontentare la sua base di “compagni”.

Il governo, spaesato, si ritrova a negoziare con i sindacati mentre la sua stessa maggioranza gli scava la fossa a rate… Un suicidio assistito che indebolisce tutti, tranne i demagoghi.

E veniamo all’ultima perla sindacale, quella proposta del 17 ottobre che, se accettata  azzererebbe i 3,7 milioni annui previsti dall’incremento sul gettito da lavoratori dipendenti, una fetta bella grossa dei 20 totali, già calcolata nella bozza originale per riequilibrare la progressività senza discriminare. Coperture? Ah, ridono i santi: i sindacati blaterano di “maggiori entrate da controlli automatici” su imprese sotto i 15.000 euro (già previsti dal governo, grazie tante), verifiche su maggiorazioni domenicali in busta paga (nobilesse oblige, ma quante evasioni reali scoveranno?), e l’obbligatorietà della SMAC per tutti i commercianti (come se bastasse un decreto per far pagare i furbi). E poi? Dati “misteriosi” sul Rally Legend o entrate 2024 “sopra i 10 milioni” – proiezioni che puzzano di favola collodiana, tipo “il Grillo parlante ti salverà dalle tasse”. Coperture degne di un burattino con il naso lungo: irrealistiche, perché ignorano che l’evasione non si combatte con wishful thinking, ma con bastone e carota.

A questo punto, vi chiederete, se mi vien da pensar male… Eccome: alcune tabelle sindacali, circolate in estate – ma anche oggi – sembrano cucite su misura per allarmare i lavoratori, diffondendo impatti devastanti su stipendi medi, roba da far tremare le ginocchia.

In conclusione, questo governo – indeciso come un adolescente al primo appuntamento – si indebolisce giorno dopo giorno, perso in trattative che annacquano la riforma e lasciano il bilancio a secco, mentre la maggioranza si sfalda sotto i colpi ambigui di se stessa, dove c’è chi finge unità ma semina zizzania per non dover convincere al realismo la sua base.

E i sindacati? A mio parere irresponsabili, egoisti fino al midollo, che ignorano il problema strutturale, ovvero le casse pubbliche devastate nel decennio di Adesso.sm, con buchi economici incalcolabili che oggi, altri, pretendono di criticare da banchi di minoranza o, peggio, da quelli equivoci di certa maggioranza. Loro, i sindacati, pensano al risultato immediato, al “vinciamo noi, perdono gli altri“, ma se non si arriva a una soluzione realistica – sacrifici equi, sì, ma distribuiti senza ipocrisie – la prossima riforma IGR non la farà né Libera né Rete… La farà l’FMI! …Grecia docet!

Così, basta siparietti patetici che solo un governo masochista può ancora tollerare. La riforma c’è già, appariva equilibrata nei sacrifici e nell’equità (tasse poco più basse per i redditi bassissimi, aumenti di qualche misero euro mensile per quelli medi) già nella prima stesura. Diviene più favorevole con il raddoppio della quota “smaccabile” del carburante, con la riduzione a parità di beneficio da 6 a 5mila euro del target delle spese per redditi medi e bassi (che da soli garantiranno una cospicua detrazione anche al frontaliere meno spendaccione) e con la possibilità di inserire nelle spese Smac le bollette della casa sammarinese di residenza. Si porti in seconda lettura – prima di “domani – questa riforma già ridimensionata negli obiettivi dai tre emendamenti citati. E la si approvi!

Solo così si chiuderà il sipario sulla tragicomica attuale… o, forse, così facendo, si permetterà a questa maggioranza, nella stessa sede Consigliare, di concretizzare la sua “eutanasia”!

Enrico Lazzari