Lo ammetto. Ci sono settimane in cui guardare al teatrino della politica sammarinese è come guardare la replica della replica di una soap opera sudamericana di cui conosci già il finale: scontato e deludente. Scorrere i comunicati stampa, ascoltare le geremiadi in Consiglio, leggere le cronache locali, è come trovarsi davanti a un frullato insapore degli stessi, identici ingredienti. La maggioranza che si giura amore eterno finché morte (politica) non li separi, l’opposizione che lancia strali che non bucano nemmeno un foglio di carta velina, e il Paese che, nel mezzo, sbadiglia.
Ieri sera, lo confesso, cercavo un appiglio per non scrivere il solito peana sulla nostra – sì, anche a qualcuno può non piacere, questa San Marino ormai la sento un po’ anche mia – meravigliosa capacità di avvitarci su noi stessi. Mi sentivo come uno di quei turisti che, arrivato sul Pianello, invece di guardare l’orizzonte si mette a contare le fughe delle piastrelle, tanto per passare il tempo.

Poi, l’ovvietà. Accecante come un flash negli occhi. Il vero “argomento” di questa epoca non è la notizia che manca, ma il rumore bianco che ci propinano per non farci sentire il boato che arriva da fuori. Quel brusio di fondo, quel chiacchiericcio autoreferenziale che scaturisce da Palazzo, non è cronaca: è un sonnifero. Un anestetico per tenerci sopiti mentre il mondo, là fuori, non solo corre, ma ha messo il turbo e se ne frega altamente di aspettarci… Di aspettare che il Titano si svegli!
Mentre in Repubblica ci si “scanna” per una virgola in una legge di bilancio o per spartirci la presidenza di una commissione più inefficiente dell’altra, il mondo là fuori non si è fermato a guardare. Ha superato la più antica Repubblica del mondo in corsia d’emergenza, suonando il clacson.
Ho letto di un “pizzino” arrivato da Francoforte (BCE) che parla di tassi d’interesse e di un autunno che, per le famiglie con un mutuo, sarà più rigido di un inverno sull’Eremo del monte Carpegna. Una nota che a San Marino, probabilmente, hanno usato come sottobicchiere per il caffè, troppo presi a decidere chi ha diritto di parola per primo o come stravolgere e rinviare al domani “periodico” una riforma IGR che non mi piace ma che – piacendo così tanto al Fondo Monetario – meglio di nulla sembra essere, almeno come base su cui iniziare, poi, a fare sul serio guardando un po’ più in là del futuro non prossimo al proprio naso..
Ho dato un’occhiata alle nuove bibbie che scrivono a Bruxelles sull’intelligenza artificiale e sul digitale. Roba che non è un astruso documento per nerd, ma la mappa del campo di battaglia dove i vostri figli dovranno andare a combattere per un posto di lavoro, se non ci si scrolla armati di balestra contro dei carri armati.
Ma il capolavoro lo vediamo guardando appena oltre il confine. Mentre a San Marino si inaugura con squilli di tromba la rotatoria numero centoventisette, a Rimini e dintorni non stanno a pettinare le bambole. Stanno costruendo una portaerei logistica, infrastrutturale e fieristica che rischia di trasformare il “Sistema San Marino” in un grazioso barchino a remi che chiede il permesso di attraccare. E nelle Marche, con il ZES (o come diavolo si chiama), hanno creato le condizioni per fare ancora meglio. La gara, signori miei, non si vince più offrendo uno sconto sulla profumeria di via Salita alla Rocca, ma trasformando il Titano in un ingranaggio funzionante di una efficientissima e innovativa macchina globale. Invece, cari Sammarinesi di Palazzo e non, sembrate stare ancora lì a compiacervi di aver varato una norma liberticida sul segreto istruttorio che funziona (o almeno credete lo faccia!), o di aver riconosciuto lo stato di Palestina… Almeno esistesse davvero!
E la geopolitica? Le guerre per l’energia, le rotte commerciali che cambiano come le correnti in mare aperto? Qualcuno può creder davvero di poter difendere quella “Libertas” sventolando la bandiera e ignorando che la vera sovranità, oggi, si misura in kilowatt, in sicurezza informatica, in innovazione e start-up, nella solidità delle banche…?
L’errore è così banale da essere comico. San Marino sembra diventato il campione mondiale di tuffi nella pozzanghera, mentre l’oceano è in piena tempesta. Le baruffe chiozzotte in Aula assomigliano sempre più a una furibonda lite condominiale sull’uso dell’ascensore, mentre l’intero palazzo ha già ricevuto l’avviso di pignoramento.
Ben inteso, questo non è un invito a gettare la spugna, per carità. È un urlo per svegliarsi dal coma autoindotto. La vera sfida per questa classe politica, e per chiunque verrà dopo, non è vincere le prossime elezioni. È smettere di giocare alla Repubblica delle figurine e capire che ogni scelta va misurata con un solo metro: avvicina al mondo, può essere parte di un piano di sviluppo a lungo termine o isola ancora di più nella sempre più tangibile irrilevanza?
Ecco l’argomento del giorno. E dei giorni a venire. Non un fatto, ma il silenzio assordante con cui il Palazzo risponde al grido del mondo, azzuffandosi sulla diminuzione di qualche centesimo di un aumento fiscale da sette euro, quando neppure 100 euro in più in busta paga potrebbero risolvere davvero i disagi in cui la miopia economica e geopolitica dell’Ue li ha cacciati.
San Marino è ancora una Repubblica capace di scrivere il proprio futuro, o – dopo il Mazzini istruito da quel giudice che si sospetta “associato a delinquere” con chi ha conquistato in maniera forse sovversiva il potere, almeno finanziario – è diventato il bigliettaio di un museo di se stesso, troppo impegnato a lucidare le teche per accorgersi che i visitatori con decente capacità di spesa son finiti e fuori è calata la notte?
La eco di Palazzo è rassicurante, lo so. Ma se si continua ad ascoltare solo quella, si finirà per sentirla rimbombare in una fortezza vuota. E quella eco non sarà la voce della democrazia… Sarà soltanto il verso del suo stesso, ora magnifico, epitaffio.
Enrico Lazzari












