Il test del nuovo missile da crociera a propulsione nucleare Burevestnik da parte della Russia ha riacceso la tensione tra Washington e Mosca, provocando una dura reazione del presidente Donald Trump e un’immediata risposta del Cremlino. Lo scontro verbale si inserisce in un quadro diplomatico sempre più complesso, con l’Ucraina che spera in un nuovo piano di pace e l’Europa che appare profondamente divisa sulla gestione del conflitto.
L’annuncio del successo del test di un’arma capace di eludere qualsiasi sistema di difesa ha irritato la Casa Bianca. Parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One durante il suo viaggio in Asia, Trump ha esortato Vladimir Putin a concentrarsi sulla ricerca della pace piuttosto che sullo sviluppo di nuove armi. Ha definito inappropriata l’ostentazione di forza del Cremlino, ricordando che la guerra in Ucraina, che sarebbe dovuta durare una settimana, è ormai entrata nel suo quarto anno. Il presidente americano ha poi lanciato un avvertimento, ricordando la presenza di un sottomarino nucleare statunitense al largo delle coste russe.
Dal Cremlino, la risposta è stata altrettanto netta. Il portavoce Dmitri Peskov ha affermato che la Russia continuerà ad agire guidata esclusivamente dai propri interessi nazionali, accusando gli Stati Uniti di portare avanti “azioni ostili” che complicano ogni tentativo di migliorare le relazioni. A rafforzare questa posizione, Putin ha ufficializzato ieri un trattato di cooperazione strategica con il Venezuela e ha posto fine a un accordo con gli USA sul riciclo del plutonio, una mossa che di fatto era già sospesa dal 2016.
In questo clima di tensione, le posizioni in Europa appaiono frammentate. Il premier ungherese Viktor Orbán, a Roma per una visita, ha criticato apertamente la posizione di Trump su Putin, definendola un errore, e ha annunciato la sua intenzione di recarsi a Washington per convincere il presidente a revocare le sanzioni contro la Russia. Orbán ha inoltre ribadito la sua visione di un’Europa “fuori dai giochi”, che avrebbe delegato la risoluzione del conflitto a russi e americani. Di tenore opposto la posizione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha espresso fiducia in un piano di pace in 12 punti proposto dal premier britannico Keir Starmer, sulla falsariga di quello elaborato da Trump per Gaza. Zelensky si è detto pronto a lavorare a una bozza entro dieci giorni, pur manifestando scetticismo sulla volontà di Putin di accettarla. Da parte sua, Mosca non si fa “nessuna illusione” su piani europei, che il vice ministro degli Esteri Mikhail Galuzin ha definito il prodotto di una politica “irresponsabile e aggressiva”.
In un quadro così teso, gli occhi sono ora puntati sulla diplomazia. Trump cercherà una sponda nel presidente cinese Xi Jinping durante il loro incontro bilaterale di giovedì, con l’obiettivo di convincerlo a esercitare pressioni su Mosca per fermare la guerra. Tuttavia, Pechino non sembra avere alcun interesse a vedere l’alleato russo indebolito, sia per i solidi legami economici sia per mantenere un fronte compatto anti-occidentale, anche in vista della strategica questione di Taiwan.












