Ecco che la traduzione della lettera a firma dell’allora Segretario di Stato agli Esteri Nicola Renzi:
Inizio traduzione dall’Inglese:
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
San Marino, 21 gennaio 2019
A chi di competenza
La presente serve a confermare che il signor Augusto Coriglioni è stato incaricato di esplorare possibili forme di cooperazione tra la Repubblica di San Marino e lo Stato del Qatar nel settore economico e finanziario, e di presentare i risultati di tale attività al Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di San Marino per successive valutazioni congiunte.
Il signor Coriglioni è consulente del Segretario di Stato per gli Affari Esteri della Repubblica di San Marino nei confronti dello Stato del Qatar per quanto riguarda i settori sopra menzionati.
Distinti saluti,
(firma)
Nicola Renzi
Segretario di Stato
Repubblica di San Marino – Palazzo Begni, Contrada Omerelli 31, 47890 San Marino
Email: segreteria.affarieteri@gov.sm – www.esteri.sm
Tel. +378 (0549) 882302 – 882312 | Fax +378 (0549) 882814
— Fine traduzione dall’inglese —-
Una lettera che ha dato vita a un caso diplomatico senza precedenti. Nel cuore dell’ormai celebre “caso Coriglioni” – l’imprenditore italiano che si spacciava per console di San Marino in Qatar spunta la mano di Nicola Renzi, ex Segretario di Stato agli Esteri sammarinese. È Renzi, infatti, ad aver di fatto creato le condizioni per questo scandalo diplomatico: con una lettera ufficiale datata 21 gennaio 2019, l’allora capo della diplomazia sammarinese conferì ad Augusto Coriglioni una delega speciale per curare i rapporti economico-finanziari tra San Marino e Qatar, qualificandolo come suo “advisor” personale.
Quell’investitura anomala, probabilmente priva di qualunque atto formale collegiale o contratto pubblico, è il peccato originale da cui è germinato un intero sistema di diplomazia ombra.
Renzi, insomma, appare oggi come il “vero padre” del caso Coriglioni, il regista occulto che ha permesso a un privato di aggirare le regole e costruirsi un falso profilo diplomatico internazionale.
I dettagli sulla lettera del 21 gennaio 2019 firmata da Renzi emergono ora con chiarezza. In quel documento, rigorosamente su carta intestata ufficiale, il Segretario agli Esteri di allora nominava Augusto Coriglioni suo incaricato di fiducia per le relazioni economico-finanziarie con il Qatar, definendolo appunto un advisor. Una procedura anomala sotto ogni aspetto: nessuna delibera del Congresso di Stato (il governo sammarinese) risulta aver mai ratificato tale incarico, né venne stipulato un contratto ufficiale.
In altre parole, l’“investitura” di Coriglioni avvenne in modo privatistico, per volontà del solo Renzi, senza passare dal necessario vaglio istituzionale. Non sorprende quindi che sul piano formale Coriglioni non figurasse in alcun organigramma diplomatico, né potesse vantare un titolo riconosciuto dalla Repubblica – circostanza confermata anche dall’attuale governo, che ha ribadito come egli non abbia mai ricevuto alcun incarico consolare ufficiale.
Le anomalie si sommano. La lettera di Renzi non prevedeva alcuna remunerazione o indennità: un dettaglio che sottolinea la mancanza di un inquadramento contrattuale vero e proprio. Ancora più grave, alla scadenza del mandato di Renzi (ottobre 2019) nessuno ha formalmente revocato quella delega. Il governo successivo, ignaro o impossibilitato a intervenire su un atto che ufficialmente nemmeno esisteva – non ha adottato provvedimenti, e Coriglioni ha continuato imperterrito a fregiarsi di quel titolo ufficioso. Come notano oggi gli osservatori, non risulta alcuna revoca di incarichi perché ufficialmente un incarico non c’era mai stato. Eppure, di fatto, quel foglio con l’intestazione “Segreteria Esteri – Repubblica di San Marino” e la firma in calce di Nicola Renzi ha costituito per Coriglioni un lasciapassare potente. Una patente di credibilità, benché priva di valore legale, con cui si è aperto porte e relazioni ai massimi livelli.
Forte di quella lettera, Coriglioni ha costruito un profilo diplomatico abusivo destinato a degenerare nella nota farsa consolare di Doha. Sin dal 2019, presentandosi come “advisor” del Segretario sammarinese, l’imprenditore ha iniziato a tessere rapporti ad alto livello. A Doha si è accreditato negli ambienti che contano, frequentando funzionari e diplomatici, in particolare italiani, che, ignari della reale portata del suo mandato, lo hanno accolto a eventi ufficiali e cene di rappresentanza. Senza alcun riconoscimento formale, la semplice presenza di Coriglioni a fianco di personalità diplomatiche ha contribuito a legittimare socialmente il suo presunto status di emissario sammarinese.
Emblematico l’episodio del maggio 2024, quando l’ambasciatore d’Italia a Doha lo invitò a un ricevimento ristretto in onore di un viceministro italiano, un privilegio normalmente riservato a figure istituzionali con incarichi ufficiali. Era l’effetto perverso dell’ombrello protettivo aperto due anni prima da Nicola Renzi: con quella delega “ufficiosa” in tasca, Coriglioni agiva da rappresentante di San Marino senza averne il diritto.
La vicenda è poi deflagrata nell’estate 2025, quando le autorità del Qatar hanno scoperto l’inganno. All’esterno dell’abitazione privata di Coriglioni a Doha campeggiava una targhetta in ottone con la scritta “Repubblica di San Marino – Consolato”, che faceva apparire quella casa come sede di un Consolato sammarinese.
Un falso clamoroso: San Marino non aveva (né ha mai avuto) alcun consolato in Qatar, né tantomeno Augusto Coriglioni poteva rappresentarla ufficialmente. I servizi di sicurezza qatarini, verificata l’assenza di qualunque riconoscimento diplomatico, sono immediatamente intervenuti: hanno rimosso la placca abusiva e trasmesso un rapporto formale a San Marino denunciando l’usurpazione di titolo.
In quel rapporto, come emerso successivamente, le autorità di Doha documentano non solo la messinscena della targa, ma anche l’uso da parte di Coriglioni di documenti presentati come firmati da alti esponenti sammarinesi, tra cui lettere con la firma dell’allora Segretario di Stato Nicola Renzi. In altre parole, Coriglioni avrebbe esibito ai qatarioti la lettera di accredito ottenuta da Renzi (e forse altri atti intestati a San Marino) per cercare di avvalorare il proprio status di console. Uno stratagemma audace, ma che non ha tratto in inganno le autorità del Golfo: dichiararsi diplomatico senza esserlo è un reato grave in Qatar, tanto che risulta sia stato aperto persino un procedimento penale a suo carico per questo motivo.
Lo scandalo a quel punto era servito. Mentre a Doha Coriglioni finiva smascherato e denunciato, sul Titano, incredibilmente, la vicenda veniva tenuta sotto traccia. La giustizia sammarinese, anziché reagire con fermezza all’affronto internazionale, archiviava in tempi lampo l’inchiesta per usurpazione di titoli, con un decreto di non luogo a procedere emesso dal magistrato inquirente. Un’archiviazione talmente rapida da suscitare perplessità: la stessa Commissione Esteri consiliare, riunita il 12 settembre 2025, ha appreso dalla stampa che il caso era stato aperto e già chiuso, senza che il governo ne avesse informato nessuno. Uno scarto impressionante tra la reazione qatariota e quella sammarinese: da un lato rimozione della targa e rigore istituzionale, dall’altro silenzi burocratici e indulgenze inspiegabili.
Il risultato? Una bruciante figuraccia internazionale per la Repubblica di San Marino, la cui credibilità diplomatica è finita sotto attacco a causa di questa storia incredibile.
Oggi al centro del ciclone c’è Nicola Renzi. Ieri n Consiglio Grande e Generale, il capogruppo di Alleanza Riformista, Gian Nicola Berti, ex Segretario di Stato e figura importante dell’attuale maggioranza, ha puntato il dito senza mezzi termini contro di lui. Berti ha denunciato la responsabilità diretta di Renzi nella creazione di quello che ha definito un vero e proprio “mostro diplomatico” fuori controllo. Se Augusto Coriglioni ha potuto millantare incarichi e ingannare mezzo mondo, è perché qualcuno gli ha fornito l’arma per farlo, e quel qualcuno, secondo Berti, è proprio Renzi.
Nel suo intervento al Comma Comunicazioni, Berti ha ricostruito il contesto in cui maturò la scelta scellerata del 2019: un ambiente opaco, fatto di relazioni pericolose e di cricche di potere già note alle cronache giudiziarie. Non a caso, sottolinea, i personaggi che ricorrono in questa vicenda sono sempre gli stessi: i membri della “cricca” finanziaria Grandoni-Guidi-Confuorti, registi del crac di Banca CIS e protagonisti di un recente rinvio a giudizio per associazione a delinquere e che vede oggi un’altra udienza, e figure come l’ex magistrato Alberto Buriani, già condannato e coinvolto in quelle trame oscure. Berti evoca questi nomi non per dietrologia, ma per collegare i puntini: Renzi – sostiene – politicamente orbitava in quell’area di influenza. Durante il suo mandato, ha interagito con questi ambienti e chiuso più di un occhio su operazioni spregiudicate. Dunque il “caso Coriglioni” non sarebbe un incidente isolato, bensì il frutto di un sistema di relazioni malsane tollerato (se non alimentato) dall’allora Segretario agli Esteri. Un’accusa durissima, che getta lunghe ombre sull’operato di Renzi e sul retroterra politico-affaristico della vicenda.
I riferimenti di Berti trovano riscontro in fatti noti. Marino Grandoni, Daniele Guidi e Francesco Confuorti, rispettivamente principale azionista, ex direttore generale e finanziere legato a Banca CIS – sono oggi a processo per aver costituito un cerchio magico dedito a illeciti finanziari e coperture compiacenti. Alberto Buriani, ex Commissario della Legge, è stato a sua volta incriminato per aver favorito quella cricca giudiziariamente. Ebbene, Nicola Renzi era alla guida della diplomazia sammarinese proprio negli anni in cui quella consorteria imperversava. Non solo: da Segretario alla Giustizia ad interim (ruolo che Renzi ha esercitato insieme agli Esteri), ebbe rapporti quanto meno discutibili con membri della magistratura coinvolti poi nel Caso Buriani. In un’udienza del processo a carico di Buriani, è emerso ad esempio che Renzi – appena insediato alla Giustizia – si attivò per contattare personalmente tutti i giudici del tribunale. Un episodio inquietante, che Berti non ha mancato di rinfacciare per dipingere il quadro di ingerenze e commistioni tra politica e giustizia in quella stagione. In sintesi, secondo l’affondo di Gian Nicola Berti, il diplomatico fantasma Coriglioni è figlio di una certa maniera di gestire il potere: una maniera opaca, fatta di favori sotterranei e figure borderline che avrebbero trovato sponda nell’allora Segretario Renzi. Accuse che Renzi certamente respinge, ma che pesano come macigni sul bilancio politico-morale di questa vicenda.
C’è un ultimo risvolto paradossale in questa storia. A sollevare ufficialmente il caso in sede istituzionale è stato il partito di Renzi, Repubblica Futura (RF). Proprio così: lo scorso 7 ottobre, i Consiglieri di RF – forza oggi all’opposizione – hanno presentato un’articolata interpellanza parlamentare intitolata “Chi è Augusto Coriglioni?” chiedendo conto al governo di ogni aspetto della vicenda. Sei domande puntuali su autorizzazioni diplomatiche, rapporti societari, procedimenti giudiziari e persino sull’eventuale esistenza di lettere inviate dai vertici sammarinesi a tutela di Coriglioni. Un atto ispettivo dal tono durissimo, che ha il merito di portare alla luce del Parlamento tutti i punti oscuri. E tuttavia non sfugge a molti osservatori l’ironia della situazione: Repubblica Futura sta di fatto mettendo sotto accusa un’ombra del proprio passato, dal momento che Nicola Renzi fondatore e leader di quel partito. All’epoca della famigerata lettera del 2019, RF era al governo e Renzi ne era il principale referente politico. Vedere oggi RF interpellare il governo quasi ex post su una vicenda che affonda le radici nelle scelte di un proprio esponente di spicco ha il sapore di una resa dei conti interna. Che si tratti di un tardivo bisogno di trasparenza o di una manovra per scaricare le responsabilità sul solo Renzi, è chiaro che dentro Repubblica Futura la questione brucia: c’era una delega, c’era un ruolo quantomeno ufficioso, e c’era la copertura (seppur irregolare) offerta da quell’ex Segretario agli Esteri.
Dunque il “caso Coriglioni” diventa inevitabilmente anche il “caso Nicola Renzi”. Le domande poste da RF al governo sono, per molti versi, domande che la Repubblica di San Marino dovrebbe rivolgere a RF e ai propri ex governanti durante lo sciagurato governo di ADESSO.SM.
Chi ha permesso che si arrivasse a tanto?
Perché nessuno ha vigilato né bloccato in tempo questa deriva?
Ora che tutti gli elementi sono sul tavolo, la lettera di Renzi, le coperture mancate, le connivenze sospette, le figuracce internazionali,non c’è più spazio per le ambiguità.
L’inchiesta giornalistica di Dagospia, Sassate ed anche GiornaleSM e il dibattito consiliare hanno squarciato il velo: il vero padre dell’affare Coriglioni ha un nome e un cognome, e si chiama NICOLA RENZI! San Marino non può far finta di nulla.
Le ombre che si allungano su Nicola Renzi e sul suo operato reclamano luce: serviranno spiegazioni documentate, assunzioni di responsabilità e, se del caso, ulteriori indagini.
Perché in gioco non c’è soltanto la reputazione di un politico, ma la credibilità di un intero Paese sulla scena internazionale. E quella, come la vicenda insegna, è un patrimonio troppo importante per lasciarlo nelle mani di “mostri diplomatici” creati nelle stanze oscure del potere.
San Marino è chiamata a voltare pagina, facendo piena luce su queste ombre e garantendo che episodi del genere non possano più ripetersi. Le istituzioni del Titano devono dimostrare, con i fatti, di aver imparato la lezione: trasparenza, rigore e rispetto delle regole non sono opzionali, ma presidi fondamentali per tutelare l’onorabilità della Repubblica. Quella stessa onorabilità che, anche di fronte ad altre tempeste, come il caso Bulgari, è stata salvaguardata grazie a una Banca Centrale vigile in tutte le sue componenti, e a una magistratura che, come in questa vicenda, avrebbe potuto affondare il Paese, ma ha scelto di resistere.
Fare piena chiarezza per evitare che piccoli grandi scandali come questo ne offuschino l’immagine agli occhi del mondo, e per una volta per tutte fare emergere le responsabilità di Nicola Renzi e dell’infausto periodo di ADESSO.SM.
Marco Severini – direttore GiornaleSM
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