Disabilità, il paradosso di San Marino evidenziato da Attiva-Mente: una legge all’avanguardia sul “Progetto di Vita” ignorata da sette anni

A San Marino esiste una legge moderna per garantire il “Piano Individualizzato di Vita” (PIV) alle persone con disabilità, ma giace inapplicata da oltre sette anni, rimanendo lettera morta. È la dura denuncia che arriva dalla società civile, che in una nota evidenzia come uno strumento fondamentale per i diritti umani, in linea con la Convenzione Onu, sia stato completamente dimenticato dalle istituzioni.

Il principio è quello di un percorso costruito “con” la persona e non “sulla” persona, superando la logica assistenzialistica per abbracciare il diritto all’autodeterminazione. Un approccio che in Italia sta trovando attuazione con la recente riforma sul “Progetto di vita individuale”, ma che sul Titano è già legge dal 2018. L’articolo 6 del Decreto Delegato n.14 di quell’anno, infatti, stabilisce chiaramente che il Piano Individualizzato di Vita deve essere elaborato “con la partecipazione diretta, se possibile, della stessa persona con disabilità e della sua famiglia”, per rispettarne gli obiettivi e promuovere l’autonomia in ogni ambito della vita.

Eppure, come si legge nella nota, “a distanza di anni, quella norma di civiltà è rimasta sospesa tra la carta e il nulla”. Un’inerzia che non riguarda solo il PIV. Anche il Piano Triennale 2022–2024 della Commissione Sammarinese per l’attuazione della Convenzione Onu, ormai scaduto, conteneva riferimenti privi di seguito operativo. A questo si aggiunge la decadenza di un altro tassello normativo cruciale, il Decreto Delegato n. 117 del 2019, che regolava le modalità di accertamento della disabilità e l’istituzione di un’unità di valutazione, essenziale per completare la logica del Progetto di Vita.

Il paradosso è evidente: mentre Paesi vicini introducono questo modello come una rivoluzione, San Marino lo possiede da tempo ma lo ignora. “È come possedere una chiave preziosa e lasciarla arrugginire nel cassetto”, sottolineano le associazioni. Un’omissione che ha conseguenze dirette sulla vita delle persone, che restano esposte a un sistema che decide “per” loro anziché “con” loro, lasciando l’attuazione dei diritti alla buona volontà dei singoli operatori anziché a un percorso esigibile e strutturato.

L’appello è forte e chiaro: non si tratta di una questione burocratica, ma di rispetto dei diritti umani sanciti dalla Convenzione Onu, che la Repubblica ha ratificato nel 2008. L’inazione significa violare un impegno internazionale e negare alle persone con disabilità la possibilità di tradurre in realtà i propri desideri e le proprie aspirazioni. La visione, le norme e gli esempi esistono. Ora, conclude la denuncia, “manca solo la volontà di trasformare la norma in vita”.