Repubblica Futura e l’arte di Tafazzi. Cronaca di un harakiri titanico: il caso Coglio… Ehm, Coriglioni … di Enrico Lazzari

Ci sono vicende che la penna di uno sceneggiatore comico farebbe fatica a inventare, perché la realtà, nella sua grottesca genialità, supera sempre la fantasia. Il tempo è ricco di storie in cui la tragedia si traveste da farsa e i protagonisti, convinti di recitare un dramma shakespeariano, finiscono per inciampare nei loro stessi piedi, con la grazia di un elefante in una cristalleria, facendo “scompisciare” dalle risate il pubblico stupito.

E poi, signori, c’è San Marino. C’è la politica sammarinese…

Enrico Lazzari

Il sipario, nel suo atto clou, si alza poche settimane fa. Sulla scena, tre prodi pistoleri di Repubblica Futura, Antonella Mularoni, Maria Katia Savoretti e Matteo Casali, che estraggono le colt dalla fondina. Il bersaglio? Un certo Augusto Coriglioni, figura che aleggia come un fantasma dalle parti del Qatar, ammantato di titoli diplomatici sammarinesi di dubbia provenienza. RF non ci sta. Deposita un’interpellanza che non è un’interpellanza, è un atto d’accusa scritto col vetriolo. Si parla di “danno d’immagine intollerabile“, di “credibilità a zero“, di “personaggi ambigui“. Il governo attuale, e in particolare il Segretario di Stato agli Esteri, Luca Beccari, finisce implicitamente sul banco degli imputati, accusato – sempre implicitamente, non palesemente – di inerzia, se non di connivenza. Il tono è quello del Savonarola che tuona dal pulpito contro il malcostume. Applausi.

La trama sembra scritta: l’opposizione che fa l’opposizione, il governo che deve andare necessariamente in affanno, lo scandalo che monta… Sembra, appunto. Perché in ogni “giallo” che si rispetti, arriva il colpo di scena. E qui, signori, il colpo di scena non è un coniglio che spunta dal cilindro, ma un intero archivio che frana addosso agli accusatori.

Spunta una letterina… Oh, niente di che… Carta intestata della Segreteria di Stato per gli Affari Esteri. Data: 21 gennaio 2019. La missiva, destinata “a chi di competenza“, conferisce proprio a quel signor Coriglioni l’incarico di “consigliere del Ministro” per esplorare affari con il Qatar. Un lasciapassare ufficiale, una patente di credibilità. E la firma in calce? Chi sarà mai stato quel Segretario agli Esteri così lungimirante da investire di fiducia un personaggio oggi definito “ambiguo”? Nome e cognome: Nicola Renzi.
Sì, lui. L’attuale capogruppo consigliare di Repubblica Futura… Il “capo”, in Consiglio Grande e Generale, di Antonella Mularoni, Maria Katia Savoretti e Matteo Casali…

E qui, la commedia dell’arte lascia il posto al cabaret. Quello di Zelig, per la precisione. Vi ricordate Tafazzi, quel personaggio iconico in tutina nera che, con meticolosa perseveranza, si colpiva le parti basse con una bottiglia di plastica? Ecco, vedetela così: l’interpellanza di Repubblica Futura è stata la bottiglia. Il partito, il suo Tafazzi. Le parti basse colpite, i “coglioni” destro e sinistro… vabbè, tralasciamo. Un atto di autolesionismo politico così puro, così plateale, da rasentare la perfezione artistica, se sul palco ci fosse un clown col naso rosso.
Con questa immagine impressa nella mente, mi immagino la scena. La riunione di partito per decidere la strategia. “Attacchiamoli ‘sti coglio… su Coriglioni! È perfetto! Li mettiamo in croce!”. E nessuno, ma proprio nessuno, che alza una mano e dice: “Scusate, ma quel tizio non l’avevamo mica incaricato noi?”. Sipario!

Le domande, oggi, dopo la pubblicazione esclusiva del direttore di GiornaleSM Marco Severini su queste stesse pagine elettroniche della lettera di incarico con tanto di firma e timbro (leggi qui), sorgono spontanee, come profumatissimi “galletti” dopo una pioggia autunnale. È stata una colossale, cosmica dimenticanza? Un’amnesia collettiva degna di un film di Buñuel? Oppure, e l’ipotesi fa rabbrividire per il suo cinismo, hanno scommesso? Hanno puntato sul fatto che nessuno sarebbe andato a frugare negli archivi di sei anni prima, sperando di incassare un dividendo politico facile facile?

O forse ancora, e qui – come scriverebbe Andrea Camilleri – il “cuntu si fa più sapurito”, più fitto di intrighi, da convincerci che non siamo davanti a un goffo suicidio, ma a un omicidio mascherato. Un delitto in famiglia, perdipiù consumato in pieno giorno. Immaginatevelo: qualche stratega dal dente avvelenato dentro la stessa Repubblica Futura, stanco di vecchie zavorre e fantasmi del passato, che decide di fare pulizia. O almeno di iniziare a farla… Quale modo migliore se non armare la mano dello stesso Renzi, fargli sparare indirettamente – quale capogruppo consigliare, attraverso un atto consigliare – il colpo, sapendo benissimo che il proiettile, per una diabolica traiettoria, sarebbe tornato indietro come un boomerang? Una “purga” elegante, servita su un piatto d’argento. Non più un autogol, ma un assist perfetto per un regolamento di conti interno. Un capolavoro di perfidia politica, che al confronto Tafazzi apparirebbe un dilettante dell’autodistruzione.

Ora, il mesto epilogo. RF, o forse mezza RF ammutolita, l’imbarazzo che si taglia a fette, i goffi tentativi di pensare a fondo se dire che “sì, ma l’incarico era un altro, era esplorativo, era a tempo“. Dettagli, scuse che già – fra me e me – sento riecheggiare vuote come il tump… tump… tump della bottiglia di Tafazzi.

La politica, a volte, è questione di memoria. Soprattutto della propria. E mentre sul Titano va in scena questo teatrino dell’assurdo, con ruoli che si invertono e accusatori che diventano accusati, la credibilità della Repubblica, non solo Futura, è quella che, silenziosamente, paga il conto più salato. Sfruttata prima, usata come clava politica poi.
E ai cittadini, attoniti spettatori di questa piece dell’assurdo, non resta che chiedersi se ridere o piangere. Nel dubbio, forse, è meglio fare come con certi spettacoli. Cambiare canale. O, più semplicemente, spegnere la TV…

Enrico Lazzari

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