Cronaca. Pesaro, arrestata la donna coinvolta nell’omicidio di Ismaele Lulli a Sant’Angelo in Vado: condannata a 5 anni, tentava di lasciare l’Italia

Dopo dieci anni dall’efferato omicidio di Ismaele Lulli, i Carabinieri hanno dato esecuzione all’ordine di carcerazione nei confronti di Ambera Saliji, la giovane donna di origine macedone coinvolta nel delitto che nel luglio 2015 sconvolse Sant’Angelo in Vado.

Secondo quanto comunicato dall’Arma, la 30enne – condannata in via definitiva a cinque anni e tre mesi di reclusione per concorso anomalo in omicidio volontario aggravato – è stata arrestata nella mattinata del 30 ottobre dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile di Pesaro. L’ordine di carcerazione era stato emesso dalla Procura della Repubblica di Urbino, Ufficio Esecuzioni Penali.

Stava per rientrare in Macedonia del Nord

La donna, che da tempo si era stabilita a Pesaro e conduceva una vita apparentemente riservata, era da mesi oggetto di monitoraggio da parte dei Carabinieri. Le verifiche più recenti hanno portato a sospettare che stesse preparando la fuga verso la Macedonia del Nord, il Paese d’origine, circostanza che ha spinto gli investigatori ad agire senza indugio per evitare la sua irreperibilità.
Dopo le formalità di rito, è stata tradotta alla Casa Circondariale di Pesaro, dove dovrà scontare la pena definitiva.

Il delitto di Sant’Angelo in Vado

Il 20 luglio 2015 il corpo senza vita di Ismaele Lulli, 17 anni, studente dell’Istituto Alberghiero di Piobbico, fu trovato in località Selva Nera, nei boschi di Sant’Angelo in Vado. Il ragazzo era stato legato con nastro adesivo e sgozzato con più colpi d’arma da taglio.
Le indagini dei Carabinieri, coordinate dalla Procura di Urbino e supportate dal R.I.S. di Roma, portarono in poche ore al fermo di due giovani albanesi, Igli Meta e Marjo Mema, poi riconosciuti come gli esecutori materiali del delitto.

Il movente: la gelosia

L’omicidio nacque da una vicenda di gelosia e rancore. Ambera Saliji, fidanzata di Meta, aveva avuto contatti con Ismaele, e i due albanesi interpretarono quel legame come un affronto da lavare col sangue.
Come accertato in sede processuale, la giovane non partecipò fisicamente all’aggressione, ma ebbe un ruolo decisivo nell’attirare la vittima in trappola, fingendo di volere un incontro chiarificatore. In realtà, al posto suo si presentarono Meta e Mema, che condussero il ragazzo nel bosco per ucciderlo.

Le condanne e la lunga vicenda giudiziaria

Nel 2016 la Corte d’Assise di Pesaro condannò Meta e Mema all’ergastolo per omicidio volontario aggravato. Sentenze confermate nei successivi gradi di giudizio e divenute definitive.
Per Ambera Saliji, invece, il procedimento si è chiuso nel maggio 2025 con la condanna confermata in appello ad Ancona: i giudici hanno ritenuto provata la sua consapevolezza del piano e la partecipazione morale al delitto.

Una ferita ancora aperta

L’arresto chiude uno degli ultimi capitoli giudiziari di una vicenda che ha segnato profondamente la comunità del Montefeltro. A dieci anni di distanza, il ricordo di Ismaele Lulli resta vivo nei suoi amici, nei familiari e nei cittadini di Sant’Angelo in Vado, dove ogni anno si celebra una messa in sua memoria.

«Ismaele era un ragazzo solare, pieno di sogni – ricordano i conoscenti –. Nessuna pena potrà mai restituirlo, ma giustizia è stata fatta».