Nel 2024 la provincia di Rimini ha bruciato nel gioco d’azzardo 380 milioni di euro, con una spesa media per abitante che supera i 2.500 euro. È la fotografia allarmante scattata dall’associazione Libera nel suo rapporto “Azzardomafie”, presentato ieri, che analizza la diffusione del gioco legale e illegale e le infiltrazioni criminali nel settore. Il report denuncia una legislazione statale definita “incoerente” e insufficiente a contrastare un fenomeno dai gravi risvolti sociali e sanitari.

A livello regionale, l’Emilia-Romagna ha registrato nel 2024 un volume di giocate, tra fisico e online, di quasi 10,2 miliardi di euro, a fronte di vincite per oltre otto miliardi. La spesa media per abitante si attesta sui 2.275 euro. La provincia di Bologna guida la classifica per volume totale con circa un miliardo di euro, seguita da Modena (509 milioni) e Reggio Emilia (442 milioni). Rimini si posiziona al quinto posto con i suoi 380 milioni, preceduta da Parma (387 milioni). Se si analizza la spesa pro capite, Piacenza balza al primo posto con 2.918 euro per abitante, seguita da Modena (2.758 euro) e Bologna (2.658 euro). Anche in questa graduatoria, Rimini si colloca nella parte alta con 2.528 euro.
Il dossier di Libera accende un faro anche sulle infiltrazioni mafiose. In Emilia-Romagna sono stati censiti sette clan attivi nel settore, riconducibili a Camorra, ‘Ndrangheta e Cosa Nostra: Schiavone, Casalesi, Mazzaferro, Bellocco, Grande Aracri, Romeo Detti Stacchi e Santapaola. L’associazione ricorda come l’affare non riguardi solo le mafie tradizionali ma anche organizzazioni criminali complesse, citando come esempio il processo “Black Monkey” relativo al clan Femia.
Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, ha commentato i dati sottolineando come il rapporto restituisca l’immagine di un Paese in bilico, dove la speranza di un riscatto sociale viene sfruttata da un meccanismo che specula sulla vita delle persone. Secondo don Ciotti, dietro ogni scommessa si nascondono drammi umani che coinvolgono adolescenti, anziani e intere famiglie. Ha poi criticato la politica, spesso prigioniera della logica del profitto, e lo Stato, accusato di una grave contraddizione etica: incassare ingenti proventi dalle tasse sul gioco reinvestendone solo una minima parte in prevenzione e cura della ludopatia. Per questo, ha invocato un cambio di prospettiva che consideri il giocatore una vittima e non un colpevole, mettendo al centro la salute dei cittadini.
Sulla base di questa analisi, Libera definisce la risposta dello Stato “deficitaria”, con una legislazione frammentaria e ambivalente che finisce per favorire le mafie. L’associazione avanza quindi una serie di proposte per un “nuovo equilibrio”: garantire agli enti locali più autonomia per regolamentare l’azzardo, impedire realmente ogni forma di pubblicità, interrompere la compartecipazione di Regioni ed enti locali al gettito, ricostituire l’Osservatorio sulla ludopatia, non aumentare l’offerta di giochi e non prorogare le concessioni, rimettendole invece a bando.











