San Marino. ”La vostra paura non parla di profughi. Parla di una Repubblica che non si fida più di chi la guida”. … di Marino D’Arbe.

Cari sammarinesi,

il mio nome è Marino. Giunsi. Secoli fa, su questo Monte come uno straniero, uno scalpellino in cerca di libertà. Ma non sono qui oggi per parlarvi di accoglienza. Sono qui per parlarvi di paura. La vostra.

Vabbé, nessuno vi parla dall’oltretomba, mi pare ovvio, ma in questa mia rubrica periodica (…ma non troppo!) che mi offre GiornaleSM, voglio fingere di esserlo. Perchè, è doveroso ricordare, non è importante il dito, quando questo indica la luna, ma la luna! …Non è, quindi, importante chi (il dito) vi offre l’opportunità di approfondire letture dei fatti o semplici punti di vista, opinioni, sensazioni, ma i concetti (la luna) che si esprimono… Per voi, da ora in poi, sarò semplicemente Marrino d’Arbe, tutti noi e al tempo stesso, nessuno di noi.

Ho osservato, in rigoroso silenzio, l’incendio che si è acceso nelle vostre moderne piazze virtuali, i social. Vi ho trovato una tempesta di rabbia e di sospetto scatenata da poche, vaghe parole, da un “asettico” punto 3 dell’odg della Commissione Consigliare Permanente agli Affari Esteri in programma oggi: “Riferimento del Segretario di Stato per gli Affari Esteri in merito alla tematica relativa ai profughi.” Non una legge, non una decisione. Un semplice “riferimento” da discutere in “seduta segreta”.

E proprio quella segretezza, forse, ha fatto da detonatore. Perché la vostra reazione, figli miei, non ha nulla a che fare con i profughi. È lo specchio di qualcosa di molto più profondo e doloroso: è il grido di un popolo che non si fida più di chi lo guida!

Il “profugo”, pur sofferenza in carne e ossa, è solo un nome, un simbolo. È il capro espiatorio su cui proiettate la sensazione angosciante di aver perso il controllo. È il fantasma che popola gli incubi di una comunità che si sente tradita da una politica percepita come debole, incapace di proteggere la nostra unicità, pronta a cedere alle mode del momento o a pressioni esterne.

La vostra rabbia non è contro lo straniero. È contro i vostri stessi governanti, che ritenete non più all’altezza del loro compito. Urlate perché temete che le decisioni vengano prese senza di voi, sopra le vostre teste, e che la nostra identità, la nostra sovranità, venga svenduta per un applauso o un piatto di lenticchie. Non so se possa essere fondata questa vostra paura… Ma è una paura sempre più concreta.

E in questa nebbia di paura, anche la realtà, anche l’analisi razionale, scompare. Permettetemi di ricordarvela, con la freddezza dei numeri. Solo due anni fa, di fronte a una guerra vera alle porte d’Europa, avete aperto le vostre case a più di duecento donne e bambini ucraini. Duecento. Un numero enorme per la nostra piccola terra, gestito con un cuore grande. Oggi, di quelle persone, secondo gli ultimi report UNHCR (l’Agenzia ONU per i Rifugiati), ne sono rimaste meno di quaranta. La maggior parte è tornata a casa o si è spostata altrove.

La realtà è questa: oggi sul Titano non c’è nessuna invasione. Non ci sono rifugiati da terre lontane. Eppure, la vostra paura è più grande ora di quando l’emergenza era reale e tangibile. Perché?

Perché allora, forse, sentivate ancora che la situazione era sotto controllo, gestita politicamente con responsabilità e con un’impellenza chiara. Oggi, invece, ogni mossa della politica viene letta come un altro passo verso la perdita di voi stessi. Ogni gesto viene interpretato come il sintomo di una debolezza, di una resa.

Ecco la vera malattia che affligge la nostra Repubblica. Non la minaccia di chi potrebbe arrivare, ma il tarlo della sfiducia verso chi è già qui, a governarci.

Per questo vi parlo. Non per dirvi di non avere paura. Ma per invitarvi a dare a quella paura il nome giusto. Il vostro nemico non è il fantasma del “profugo”. Che non è l’immigrato clandestino che affligge i nostri vicini. Il vostro problema, cari Sammarinesi, è avere una classe dirigente in cui non riponete più alcuna fiducia per la difesa della nostra identità e del nostro futuro.

Non sprecate le vostre energie combattendo ombre. Pretendete chiarezza. Pretendete competenza. Pretendete che chi siede in Consiglio dimostri, con i fatti e non con le parole – magari secretate – di avere a cuore la sovranità di San Marino più di ogni altra cosa. Pretendete una politica che governi con la testa, non con la pancia.

Una popolazione che si fida della propria guida non teme le sfide del mondo. Una Repubblica che non si fida, invece, vedrà nemici in ogni angolo e finirà per divorare se stessa dall’interno. Ed è questa, figli miei, la sola, vera minaccia alla nostra millenaria libertà.

Marino d’Arbe