Si chiude con un’assoluzione con formula piena il processo a carico di un commerciante sammarinese di 50 anni. L’uomo era accusato di aver nascosto al fisco oltre due milioni di euro, ma l’intera indagine è crollata quando è emerso che la prova principale era un falso documento creato per gioco da alcuni suoi amici.
La vicenda ha avuto origine nel 2017. Durante una perquisizione domiciliare, eseguita dalla Guardia di Finanza per un’inchiesta su contrabbando di carburante, fu scoperta sul telefono dell’uomo un’immagine che appariva come un estratto conto bancario elvetico con un saldo a sette cifre.
Per la Procura di Rimini, quel file fu considerato l’elemento chiave per sostenere l’accusa di omessa dichiarazione di redditi per l’anno 2016. Sulla base di questa ipotesi, era stata formulata una richiesta di condanna a quattro anni di carcere. Già nel 2018, l’imprenditore aveva subito pesanti conseguenze, con il sequestro preventivo dei conti correnti e della sua automobile.
Di parere opposto la difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Ghiselli. Il legale ha dimostrato in aula la natura fittizia del documento, spiegando che si trattava di una burla organizzata da alcuni conoscenti dell’imputato. Un punto debole dell’accusa, evidenziato dalla difesa, è stata la mancata attivazione di una rogatoria internazionale, procedura che avrebbe potuto accertare in modo definitivo l’inesistenza di tale deposito bancario.
Il Tribunale di Rimini ha quindi accolto pienamente la tesi difensiva, decretando l’assoluzione dell’imprenditore. La sentenza mette fine a un lungo percorso giudiziario scaturito da un’indagine che, come emerso in dibattimento, si fondava su un presupposto investigativo errato.












