Mentre il mondo, con il fiato sospeso, osserva una tregua fragile come un cristallo in Medio Oriente, qui sul “nostro” piccolo Titano c’è chi pensa bene di giocare alla guerra. Non con i soldatini, non i carrarmatini colorati del Risiko, ma con qualcosa di molto più serio: la credibilità della Repubblica.

Il Movimento Rete, con la foga di chi ha appena scoperto la geopolitica e la diplomazia, scambiandole per una gara di rutti in osteria, ha partorito un Ordine del Giorno che è un capolavoro di autolesionismo. La richiesta sottoposta ai “Sessanta”? Cacciare l’Ambasciatore d’Israele. Un’idea così brillante che, pur se non fosse tragica, farebbe ugualmente piangere… Dal ridere.
Al comma c) del punto 21 dell’ordine del giorno della prossima sessione consigliare che si aprirà lunedì prossimo, infatti, si legge: “Ordine del Giorno presentato dal Gruppo Consiliare di Movimento Civico Rete per dare mandato al Congresso di Stato di revocare entro il 30 settembre 2025 l’exequatur concesso all’Ambasciatore dello Stato di Israele…”
Spieghiamolo a chi, giustamente, non mastica il “diplomatichese”. Chiedere di “revocare l’exequatur” e dichiarare un ambasciatore “persona non grata” (termine tecnico giuridico, derivante da latino, traducibile nel gergo comune in “persona non gradita”) non è come mandare una letterina di protesta.
È l’equivalente diplomatico di sputare in faccia a qualcuno. È un atto di ostilità quasi supremo, un passo prima di stracciare le mappe e – vabbè, esageriamo per estrema chiarezza del concetto – dichiararsi guerra. E la Repubblica di San Marino, dovrebbe farlo proprio adesso? Adesso che si intravede uno spiraglio, adesso che servirebbero ponti e non muri?. La loro schizofrenia ideologica, infatti, a mio parere, raggiunge vette himalayane. Poche settimane fa abbiamo assistito all’auto-celebrazione per il riconoscimento unilaterale della Palestina. Un applauso scrosciante in Aula per quella che, fuori dal teatrino biancazzurro, è stata una “genialata buonista”: un cazzotto alla tregua che ha fatto passare San Marino dal ruolo di potenziale arbitro a quello di tifoso da curva. E ora? Ora Rete, non contenta, vuole raddoppiare. Dopo aver reso la più antica Repubblica del mondo un interlocutore poco autorevole perchè schierato, ora Rete – senza rendersene conto, presumo – punta ala divenire del tutto irrilevante, chiudendo la porta in faccia a uno dei due Stati che si pretende di voler far convivere da buoni vicini. Complimenti per la coerenza.
Concediamo, per carità di patria, il beneficio del dubbio, una sorta di “attenuante generica”: verosimilmente, Matteo Zeppa, Emanuele Santi e Giovanni Zonzini, ovvero il gruppo consigliare di Rete, hanno presentato l’odg prima che la tregua attuale prendesse forma, quando le bombe coprivano ogni sussurro e turbavano troppo profondamente la razionalità – cinica ma indispensabile, specie in politica internazionale – di molti. Ma è proprio qui che si vede la differenza tra uno statista e un ideologo: il primo si adatta alla realtà, il secondo la ignora per non smentire se stesso. Insistere oggi su quel documento trasforma una possibile ingenuità in un atto di puro analfabetismo geopolitico.
Ma la domanda, quella che ogni cittadino con un briciolo di pragmatismo dovrebbe porsi, è: e poi? Cosa succede il giorno dopo aver cacciato l’ambasciatore? Netanyahu trema e si converte alla pace? Il mondo si ferma, applaude il coraggio del Titano e la pace scende sulla Terra Santa in un fascio di luce che proietta il Palazzo Pubblico sui cieli di Gerusalemme? Siamo seri. L’unico risultato sarà un’alzata di spalle da Tel Aviv, una risatina da tutte le cancellerie che contano, e la definitiva perdita di ogni ruolo, anche solo potenziale, che San Marino potrebbe avere.
Da Stato neutrale a macchietta irrilevante.
E non parliamo del contorno: il divieto a navi e aerei, la richiesta di elenchi… tutta fuffa burocratica per dare un’aria di serietà a un gesto che è pura e semplice propaganda.
Un modo per dire “guardate quanto siamo puri e duri”, senza pensare che in politica estera la purezza ideologica è quasi sempre sinonimo di impotenza.
Al Consiglio Grande e Generale che si aprirà il 17 novembre, a tutti i “Sessanta”, raccomando: non si tratta di essere pro-Israele o pro-Palestina. Si tratta di essere pro-San Marino. Si tratta di decidere se si vuol essere uno Stato che costruisce, che dialoga, che mantiene aperti canali anche quando è difficile, o se si vuole diventare gli hooligan della diplomazia internazionale.
L’auspicio è che il Movimento Rete ritiri questo scivolone. Se così non fosse, che il Consiglio lo bocci sonoramente. Per non trasformare la più antica e nobile Repubblica in un meme tradotto in tutte le lingue del mondo.
Enrico Lazzari











