San Marino. Accordo di Associazione UE, ad Andorra la democrazia a San Marino eliminata ogni consultazione popolare (perchè i cittadini sarebbero contrari all’accordo UE) … di Marco Severini, direttore GiornaleSM

Il Segretario di Stato per le relazioni con l’Unione Europea, Landry Riba, è stato spiegato da La Veu Lliure (giornale on line di Andorra) che il Governo non ha alcuna intenzione di portare una modifica della Legge sui Trattati al Consell General prima della celebrazione del referendum sull’Accordo di Associazione con l’Unione Europea.

Secondo Riba, la sequenza prevista, nel caso in cui l’accordo venga considerato “misto”, sarebbe la seguente:
prima la firma del testo; poi l’approvazione da parte del Parlamento Europeo, che avvierebbe anche la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali;

successivamente, la celebrazione del referendum ad Andorra; e infine, se il risultato fosse positivo, la trasmissione del testo al Consell General per la sua ratifica insieme alla proposta di modifica della Legge sui Trattati per permettere l’applicazione provvisoria dell’accordo.

Riba ha sottolineato che in nessun caso l’accordo sarà applicato prima di passare per il referendum e per la ratifica parlamentare, assicurando che tutte le garanzie democratiche del processo sono pienamente rispettate.
Il Segretario di Stato ha ricordato che queste informazioni erano già state spiegate durante l’intervista concessa mercoledì scorso a RNA, con l’obiettivo di chiarire la posizione del Governo rispetto alla possibile entrata in vigore provvisoria dell’accordo.

Secondo quanto dichiarato dal Segretario di Stato agli Affari Esteri di San Marino, Luca Beccari, citando il Commissario europeo Maros Sefcovic, la firma dell’Accordo di Associazione è prevista per quest’anno, con entrata in vigore prevista per la primavera. Questa è anche la posizione ufficiale della Commissione Europea.

Beccari ha aggiunto che la nota inviata a fine ottobre da Emmanuel Macron a San Marino e Andorra rispondeva a una lettera dei due piccoli Stati, e che la posizione francese, più favorevole alla via mista, è coerente con la sua tradizione negli accordi con l’UE. Fonti sammarinesi affermano che la natura dell’accordo non dovrebbe influenzare le tempistiche di entrata in vigore per San Marino. Per Andorra, invece, la Costituzione impedisce l’applicazione provvisoria di accordi contenenti clausole di questo tipo, rendendo impossibile un’attivazione immediata.

Questa posizione ufficiale del Principato di Andorra, che ricordiamo essere una coesovranza franco-spagnola con due Capi di Stato: il Presidente della Repubblica francese e il Vescovo di La Seu d’Urgell, mette in luce un paradosso inquietante. In un Paese che non è nemmeno una repubblica, ma un principato condiviso tra Francia e Spagna, si preservano garanzie democratiche fondamentali: nessuna applicazione provvisoria dell’accordo, nessuna scorciatoia istituzionale, nessun automatismo imposto dall’alto. Prima referendum, poi ratifica parlamentare. Punto.

E poi c’è San Marino, la più antica repubblica del mondo, la cosiddetta “Terra della Libertà”. Ed è qui che la contraddizione esplode.

Mentre ad Andorra si assicura la massima partecipazione popolare, da noi si è scelta la strada opposta: totalizzare il processo, eliminare ogni consultazione popolare, blindare in Aula una decisione irreversibile senza che i cittadini abbiano la minima possibilità di dire la loro. Un’operazione che, per impatto politico, economico, fiscale, sociale e identitario, è di gran lunga la più pesante dal dopoguerra a oggi.

L’Accordo di Associazione non è un dettaglio tecnico. È un cambio di paradigma. Modifica il funzionamento dello Stato, degli scambi, delle imprese, dei diritti, dei confini, del mercato interno, dei flussi, dei controlli e delle regole che definiscono la nostra sovranità. Eppure, nonostante ciò, si è deciso che il popolo non deve votare.

Ad Andorra decidono i cittadini.
A San Marino decide Beccari e soci.

Perfino in un principato condiviso si celebra un referendum.
Nella “Terra della Libertà”, invece, no.

È un rovesciamento totale dei valori. Una contraddizione istituzionale che nessun Paese serio accetterebbe.

Ed è qui che nasce la domanda più inquietante:
se oggi si nega ai cittadini il diritto di esprimersi sul più grande stravolgimento politico degli ultimi decenni, domani cosa verrà negato?
E dopodomani?
Cosa rimarrà della Repubblica che conosciamo?

La maggioranza, e non solo, spinge, mentre si minimizzano i rischi, mentre si corre verso una ratifica unilaterale che può cancellare perfino gli accordi che già abbiamo con l’UE, il Paese percepisce un’altra deriva: una gestione superficiale e ideologica dell’immigrazione, una disponibilità crescente verso soluzioni impensabili fino a qualche anno fa.

E allora la domanda finale, volutamente provocatoria,diventa inevitabile:

Se non si ascolta nemmeno il Paese su un trattato di portata storica, quanto tempo passerà prima che qualcuno decida, con la stessa leggerezza, di portare, ad esempio, i migranti in Repubblica? Magari per usufruire di qualche fondo europeo e fare ricchi solo pochi a scapito della collettività. 

Quando il metodo è autoritario, tutto diventa possibile. E tutto diventa pericoloso.

Mi meraviglio di chi tra i politici, fino a ieri, ha inneggiato alla libertà e alla democrazia. Forse lo ha fatto solo per mero interesse e non perchè ne fosse convinto fino in fondo.

Marco Severinidirettore GiornaleSM