L’Accordo di Associazione San Marino–UE-ANDORRA, dopo l’incontro con Costa, è appeso a un filo con tre possibili strade tutte a rischio fallimento … di Marco Severini – direttore GiornaleSM

Tutto parte da mercoledì 19 novembre, quando il Segretario agli Esteri Luca Beccari si è seduto a Bruxelles davanti al Presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa.
Una riunione che, nella versione ufficiale, è stata dipinta come “costruttiva”, “cordiale”, “collaborativa”. In realtà, nella sostanza emersa, Costa ha mandato un messaggio molto più crudo: il dossier sull’Accordo di Associazione è in territorio sensibile, instabile, e ha già rischiato seriamente di saltare.

È proprio alla luce di quel confronto che oggi si possono mettere in fila le tre opzioni reali ancora aperte a San Marino.
Tre strade, tutte problematiche, tutte cariche di conseguenze, tutte nate dal fatto che gli Stati membri non sono allineati e che la Francia, ormai senza ambiguità, pretende la competenza mista.

La prima opzione è continuare il braccio di ferro con l’Unione Europea: insistere sulla competenza esclusiva mentre Parigi e altri Stati stanno puntando i piedi per la mista.
È una strategia che porta dritta a uno scenario: blocco totale.
Costa lo ha fatto capire: se si insiste su questa linea, l’accordo rischia di affondare dentro uno stallo indefinito, “alle calende greche”, perché gli Stati non trovano l’unanimità e il dossier non si muove.

La seconda opzione è un tentativo di architettura negoziale: sporzionare l’accordo.
In pratica:
– isolare i due articoli che la Francia ritiene sensibili,
– trattarli come competenza mista,
– lasciare tutto il resto in competenza esclusiva.

Giuridicamente è possibile, ma è una bomba a orologeria:
– riapre il testo;
– allunga i tempi;
– espone a nuovi veti;
– e rischia di far deragliare l’intero equilibrio raggiunto in dieci anni di negoziato.

La terza opzione è la più impegnativa e politicamente pesante: accettare formalmente la competenza mista e comunicarlo agli Stati membri.
È la strada che, nella logica di Bruxelles, sbloccherebbe il dossier.
Ma è anche quella che apre il percorso più lungo, più fragile e più esposto d’Europa:
– ratifica dei 27 Parlamenti nazionali;
– referendum obbligatorio in Andorra;
– iter che può durare fino a dieci anni;
– e la certezza che un solo NO, uno solo, basta a far crollare tutto.

Costa non l’ha detto apertamente, ma lo ha fatto capire con la chiarezza di chi conosce a memoria il funzionamento dell’UE:
se scegliete il misto, la responsabilità ricade su di voi. Nessuno può garantirvi il risultato.

E qui entra in scena il fattore che complica tutto: Andorra.
Non è un dettaglio. È una variabile strutturale.

Per vincolo costituzionale:
– Andorra non può applicare provvisoriamente l’accordo;
– deve aspettare referendum e ratifiche;
– la sua tempistica è inevitabilmente molto più lunga di quella sammarinese.

Tradotto:
San Marino può anche partire nel 2026 con l’applicazione provvisoria, ma Andorra rimane congelata per anni.
È un accordo che nasce asimmetrico.
E gli accordi asimmetrici, in diritto internazionale, sono i più instabili.

Lo scenario più critico è quello che gli stessi sostenitori dell’accordo non possono smentire:
se San Marino parte, recepisce norme, investe soldi e capitale politico, e tre anni dopo un Parlamento nazionale europeo – o il referendum andorrano – dice NO, l’accordo implode.
E a quel punto abbiamo fatto tutto per non avere nulla:
norme recepite, soldi spesi, competenze trasferite, ma accordo non in vigore.

A Bruxelles questo è chiaro.
Costa l’ha lasciato intendere.
Nei corridoi del Consiglio questo scenario è considerato possibile, non remoto.

E nel frattempo San Marino è davanti a un bivio strategico:
– continuare a insistere sulla linea dell’esclusiva e rischiare lo stallo;
– tentare lo “sporzionamento” e rischiare la riapertura del testo;
– o accettare il misto sapendo che la strada diventa lunga, fragile e piena di punti di rottura.

Sullo sfondo restano due verità che finora non sono state dette pubblicamente:
– La RATIFICA DA PARTE DI SAN MARINO cancella automaticamente gli accordi bilaterali precedenti con gli Stati UE;
– e se poi, dopo anni di attesa, l’UE o un singolo Stato dice NO, San Marino perde tutto: l’accordo nuovo, quelli vecchi, e una fetta di credibilità diplomatico-istituzionale.

Questo è ciò che il 19 novembre è realmente accaduto:
non un incontro di “piena collaborazione”, ma un avviso politico serio e inequivocabile.
Un Presidente del Consiglio Europeo che, con la prudenza che gli compete, ha fatto capire che il dossier è in zona rossa.

Il resto – la comunicazione festosa, le conferenze motivazionali, gli slogan, il cattivo Severini che è contro l’accordo – appartiene allo spettacolo.
La realtà, invece, dopo Bruxelles, è finalmente chiara:
l’accordo è appeso a un filo, e la scelta finale può farlo cadere da un momento all’altro.

Marco Severinidirettore GiornaleSM