San Marino. Libera: un 25 novembre che vorremmo non esistesse più

Vorremmo che non ci fosse mai più necessità di dover celebrare una giornata internazionale contro la violenza sulle donne: questo vorrebbe dire che la cultura del rispetto ha vinto sul possesso e sulla prevaricazione patriarcale. Purtroppo, anche quest’anno dobbiamo constatare che la voce va alzata ancora una volta, perché poco o nulla è cambiato.

Secondo i dati ISTAT, in Italia sono circa 6,4 milioni di donne (il 31,9 % tra i 16 e i 75 anni) ad aver subito almeno una violenza fisica o sessuale nella vita. La maggioranza delle violenze avviene dentro casa, da partner o ex-partner, e spesso alla presenza di figli minori, aggiungendo una dimensione drammatica di “violenza assistita”.

È dunque indispensabile ripensare le politiche sociali ed educative dentro un contesto profondamente mutato: quando gli scambi umani diventano sempre più mediati dal web e dai social, dobbiamo leggere e interpretare queste nuove dinamiche. Compito della politica, delle istituzioni, delle agenzie educative e sociali — così come delle comunità grandi e piccole — è adottare uno stile educativo mirato a sradicare il patriarcato in tutte le sue manifestazioni.

Crediamo fermamente che la leva più efficace passi attraverso la scuola e la cultura dell’affettività, della sessualità consapevole e del rispetto delle volontà dell’altro. E crediamo che le istituzioni debbano riconoscere che il problema non si affronta sottovalutandolo o relegandolo a un presunto “fattore genetico” o “destinato”: descrivere la violenza come inevitabile per natura significa negare la responsabilità culturale, annullare la prevenzione e rendere vana ogni educazione.

Le politiche dell’istruzione devono diventare beni comuni: la scuola deve includere l’educazione all’affettività, al rispetto reciproco, al consenso, alla volontà dell’altro. Ogni fascia d’età deve ricevere un percorso ad hoc, così da togliere quella cappa di sottovalutazione che ancora pesa sul fenomeno.

I giovani uomini vanno aiutati a consolidare il rispetto del limite e del rifiuto: un “no” non è rifiuto che sminuisce una relazione, ma è esercizio di consenso. Le giovani donne vanno sostenute nel riconoscere il diritto di dire “no”, nel rispettare i propri limiti e il proprio vissuto emotivo. Tutte le persone vanno aiutate a costruire relazioni rispettose: la scuola, insieme alla famiglia, è il contesto protetto e proattivo che può farlo. Non si tratta di entrare in competizione con l’educazione familiare, ma di rafforzarla e legittimarla. 

Finché l’educazione all’affettività sarà percepita come un vincolo anziché come un’opportunità condivisa, rischiamo di continuare a celebrare, negli anni a venire, questa giornata.

Comunicato stampa Libera – San Marino