Cronaca. Santarcangelo di Romagna, dramma del Gran Sasso: le famiglie delle due vittime chiedono chiarezza sul mancato impiego dell’Aeronautica

A quasi un anno di distanza dalla tragedia consumatasi sulle vette abruzzesi, si riaccendono i riflettori sulla gestione dell’emergenza che ha portato alla scomparsa dei due escursionisti romagnoli. I legali delle famiglie hanno depositato un nuovo documento presso la Procura di Teramo, sollecitando indagini più approfondite sulla catena di comando dei soccorsi e, in particolare, sul motivo per cui non siano stati attivati i mezzi aerei militari nelle prime fasi dell’allarme.

L’incidente, avvenuto il 22 dicembre 2024, costò la vita a Cristian Gualdi e Luca Perazzini, i due alpinisti originari di Santarcangelo di Romagna bloccati sul Gran Sasso. In vista del primo anniversario, i familiari intendono fare piena luce sulle procedure adottate in quelle ore convulse. La nuova memoria difensiva punta a ricostruire, minuto per minuto, le decisioni prese dalla macchina dei soccorsi, concentrandosi su un interrogativo centrale: la mancata attivazione dei reparti di volo dell’Aeronautica Militare.

Al centro delle richieste avanzate dagli avvocati vi è la necessità di verificare se vi siano state lacune comunicative che abbiano ritardato o impedito un intervento potenzialmente salvavita. I legali chiedono agli inquirenti di ascoltare i piloti in servizio presso le basi di Cervia e Pratica di Mare nella fascia oraria critica compresa tra le 14.56, momento della prima richiesta di aiuto lanciata da Gualdi, e le 21.28. L’obiettivo è stabilire se, in quel lasso di tempo, le condizioni meteorologiche avrebbero permesso il decollo degli elicotteri militari prima del peggioramento definitivo della situazione climatica.

Dalle ricostruzioni fornite dai rappresentanti delle famiglie emerge un dettaglio significativo: non risulterebbe documentata alcuna telefonata di allerta rivolta all’Aeronautica, nonostante le ripetute chiamate di emergenza effettuate dagli alpinisti, i quali avevano anche provveduto a inviare la propria posizione GPS. Attualmente, l’inchiesta vede iscritto nel registro degli indagati un responsabile del Soccorso alpino abruzzese, con l’ipotesi di reato di omicidio colposo legato a presunte omissioni nella gestione dell’intervento. La richiesta dei familiari mira ora a capire se una diversa gestione delle comunicazioni avrebbe potuto cambiare il destino dei due uomini.