Promettevano moltiplicazioni miracolose del denaro, prospettando rendite capaci di trasformare un investimento di diecimila euro in un incasso da centomila, ma il meccanismo si è rivelato essere un complesso sistema truffaldino smantellato dai finanzieri del Comando Provinciale di Ravenna. L’operazione, scattata nelle scorse ore, ha portato all’esecuzione di tre misure cautelari e al sequestro dei profitti illeciti, stimati in circa un milione di euro.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno svelato un quadro di abusivismo finanziario e raggiri che vedeva al centro due professionisti ravennati e un complice trevigiano. Per quest’ultimo si sono aperte le porte del carcere, mentre per i due operatori locali il giudice ha disposto gli arresti domiciliari con l’obbligo del braccialetto elettronico. L’inchiesta, supportata anche da precedenti segnalazioni giornalistiche, ha messo in luce come i due indagati sfruttassero la loro attività legittima, la gestione di un centro elaborazione dati fiscale, come base per proporre affari ben più rischiosi ai propri clienti.
Il modus operandi faceva leva sul rapporto di fiducia instaurato con i risparmiatori, tra i quali figuravano anche persone in difficoltà economica o cittadini che avevano subito perdite a causa della recente alluvione. Secondo quanto ricostruito dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, gli indagati convincevano le vittime a versare somme iniziali variabili, che potevano raggiungere i quarantamila euro, prospettando l’apertura di società in Romania o l’accesso a fondi perduti erogati da terzi. In altri frangenti, veniva descritto un sistema di finanza strutturata basato su non meglio precisati algoritmi, capaci di far circolare il denaro in vari Paesi prima di farlo rientrare in Italia con interessi esorbitanti.
Le prospettive di guadagno illustrate erano fuori da ogni logica di mercato: a fronte di versamenti di trentamila euro, si arrivava a ipotizzare un ritorno di tre milioni. Una rete di promesse che ha coinvolto una sessantina di persone e portato all’apertura di circa cinquanta società in territorio romeno, dove alcuni clienti venivano persino accompagnati fisicamente per sbrigare le pratiche burocratiche. Tuttavia, al momento di incassare quanto promesso, i ritorni economici non arrivavano mai.
Di fronte alle richieste di spiegazioni e alla pretesa di riavere i propri capitali, gli organizzatori del sistema prendevano tempo. Le giustificazioni addotte variavano costantemente, arrivando paradossalmente a incolpare delle mancate erogazioni proprio le indagini in corso, sostenendo che l’intervento degli inquirenti stesse bloccando i flussi di denaro. La ricostruzione degli inquirenti ha permesso di accertare le responsabilità penali e di interrompere l’attività illecita, ponendo fine a un raggiro che aveva generato aspettative per oltre cento milioni di euro su progetti inesistenti.













