Dopo un decennio di indagini e battaglie legali, il Tribunale di Ravenna ha riscritto la verità storica su un tragico incidente stradale avvenuto nell’ottobre del 2015. Una sentenza pronunciata in queste ore ha ribaltato la ricostruzione iniziale: alla guida dell’auto che costò la vita al 25enne Giuseppe Montemurro non c’era la vittima, bensì l’amica proprietaria del mezzo.

Il giudice monocratico ha condannato la donna, oggi 36enne, alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per omicidio colposo stradale. La decisione arriva al termine di un percorso giudiziario complesso. Inizialmente, infatti, i verbali della Polizia Locale redatti subito dopo lo schianto lungo l’autostrada A14 avevano indicato il giovane deceduto come conducente del veicolo, che si era ribaltato più volte nei campi dopo un’uscita di strada al ritorno da una serata in discoteca.
La svolta è giunta grazie alla tenacia della famiglia della vittima, padre di un bambino all’epoca dei fatti, che nel 2020 ha ottenuto la riapertura delle indagini presentando una nuova denuncia. Gli accertamenti successivi hanno fatto emergere dettagli tecnici determinanti per l’attribuzione delle responsabilità. In particolare, è stato rilevato che l’imputata era l’unica persona a bordo ad avere le cinture di sicurezza allacciate al momento dell’impatto, circostanza che secondo il tribunale la colloca inequivocabilmente al posto di guida.
Nonostante la donna abbia sempre professato la propria estraneità alla conduzione del mezzo e il terzo passeggero, che dormiva sui sedili posteriori, non abbia potuto fornire elementi utili alla ricostruzione, la sentenza di primo grado ha accolto la tesi dell’accusa. Oltre alla condanna penale, è stato disposto un risarcimento di 600mila euro in favore dei familiari di Montemurro, costituitisi parte civile nel processo.












