San Marino 2025: Il Natale del “troppo pieno” e del “troppo vuoto”. Tra lupi alle porte e tombole etichettate, abbiamo smarrito il Silenzio e la Bussola… di Marino D’Arbe

Mercoledì 17 dicembre. Mancano otto giorni a Natale. Se camminate per il centro storico, o scendete verso la piana, l’occhio viene aggredito. Luci, led, proiezioni, mercatini, casette di legno che vendono artigianato (locale… e cinese?), jingle americani sparati dagli altoparlanti. È il “Natale delle Meraviglie”, ci dicono. Un trionfo di estetica, un orgasmo di consumismo e festoni dorati. Tutto brilla. Eppure, mai come quest’anno, San Marino mi appare buia.

È un buio interiore, una nebbia fitta che scende non dal Monte, ma dalle nostre coscienze intorpidite. Viviamo il paradosso di un’epoca che deve urlare per farsi sentire, che deve etichettare per sentirsi viva. Ne abbiamo avuto la prova plastica in questi giorni, con le polemiche – sterili e rumorose – sulla “LGBTombola” di Santa Mustiola. Non mi interessa entrare nel merito delle fazioni, né fare il moralista da quattro soldi su chi ama chi. Ognuno faccia ciò che vuole. Ma osservo il fenomeno con l’amarezza dell’antropologo: siamo arrivati al punto in cui persino la tombola, il rito più banale, inclusivo e “sacramente inutile” della tradizione nostrana (dove contava solo il numero e la speranza di un’ambo), deve diventare un divisivo manifesto ideologico. Non sappiamo più stare insieme e basta. Dobbiamo stare insieme “in quanto qualcosa”: in quanto gay, in quanto etero, in quanto progressisti, in quanto tradizionalisti. Abbiamo barattato la Comunità (quella con la C maiuscola, dove il vicino è un vicino e basta) con le Tribù. E ci illudiamo che questa frammentazione sia progresso.

E mentre noi ci accapigliamo sulle vocali, sugli asterischi e sui colori delle cartelle della tombola, la realtà – quella vera, quella cruda – bussa alle porte di Domagnano. I lupi sono tornati. Le cronache ci dicono che gli allevatori sono esasperati, che le capre vengono sbranate. E noi? Noi cittadini “evoluti” guardiamo la cosa con un misto di terrore isterico e fascinazione da documentario Netflix. C’è una crudele ironia in questo. Abbiamo paura del lupo, che fa il lupo. Ma non abbiamo paura di aver perso noi stessi. Il lupo ci spaventa perché è vero. È natura selvaggia, imprevedibile, non addomesticabile. È l’opposto della nostra vita ovattata, fatta di diritti senza doveri, di feste religiose senza fede, di relazioni virtuali, di rapporti a scadenza prefissata, di sesso (virtuale e reale) a pagamento o “rubato”… Il lupo ci ricorda che fuori dalla nostra bolla di cristallo (e dai nostri uffici pubblici riscaldati alla faccia di ogni spending-review) il mondo è duro, selvaggio, reale, antico.

Questo Natale 2025 fotografa impietosamente lo stato di salute della Repubblica. Siamo un Paese “troppo pieno”. Pieno di debiti, pieno di polemiche, pieno di leggi scritte male, pieno di decorazioni natalizie che servono a coprire le crepe dei muri. E allo stesso tempo siamo un Paese “troppo vuoto”. Vuoto di nascite (le culle piangono, e non per i bambini), vuoto di senso civico, vuoto di quel silenzio sacro che dovrebbe accompagnare l’Avvento.

Un tempo, sul Titano, il Natale era l’odore del camino, la messa di mezzanotte con il freddo che ti entrava nelle ossa, la povertà dignitosa di chi sapeva che la ricchezza era sedersi a tavola tutti insieme, senza bisogno di aggettivi per definirsi. Oggi il Natale è un evento marketing, da celebrare più online sulle offerte di Amazon che non insieme. Gesù Bambino, se dovesse nascere oggi a San Marino, probabilmente avrebbe difficoltà a trovare posto non nell’albergo, ma nell’agenda politica e personale di ogni sammarinese. E forse, per essere accettato, dovrebbe prima dichiarare a quale sottocategoria appartiene…

Cosa augurarvi, dunque? Non “buone feste”, formula ipocrita e scialba. Vi auguro di trovare il coraggio di spegnere. Spegnere le luci psichedeliche, spegnere i social, spegnere le rivendicazioni di parte… Per potervi poi accendere, davvero! Vi auguro di restare al buio e in silenzio, anche solo per dieci minuti. Forse, nel silenzio, smetteremo di sentirci “moderni” o “tradizionalisti”, “pro-lupo” o “contro-lupo”, e torneremo a sentirci, semplicemente e disperatamente, sammarinesi. O forse, ancora meglio: uomini.

Buon Natale, se riuscite a trovarlo…

Marino d’Arbe