Caso Banca di San Marino. BSM, emendamento 16-bis e 23 dicembre: quando la politica manda “segnali” alle banche … di un lettore

Nel caso BSM si tende a rappresentare la politica come una semplice spettatrice dentro una trattativa tra privati dove l’Ente Cassa di Faetano decide, Banca Central vigila e dove c’è il Governo sullo sfondo.

Ma se si mettono in fila date, norme e decisioni, il quadro appare molto meno innocente.

Al centro c’è sempre lo stesso punto: l’articolo 16-bis del progetto di legge “Misure per il consolidamento, lo sviluppo economico, il contenimento dei costi e disposizioni in materia fiscale”. Un solo comma, depositato il 23 dicembre 2024 alle ore 11:15 in Segreteria Istituzionale, che recita:

“La Legge 29 novembre 1995 n.130 e successive modifiche è abrogata.”

Tradotto in italiano corrente:

con una riga viene cancellata la legge che consente alle fondazioni bancarie di detenere una banca, ma che obbliga l’ente originario a mantenere almeno il 51% della società bancaria controllata.

Senza la 130/1995, cade il vincolo del 51%, rendendo possibile la cessione della maggioranza di BSM al gruppo bulgaro; ma cade anche la disciplina speciale che qualificava ECF come fondazione bancaria, aprendo un vuoto normativo che si intreccia in modo delicato con la LISF e con i regolamenti di vigilanza.

Il nuovo elemento: il termine del 23 dicembre fissato in Commissione

Fino a poco tempo fa, la data del 23 dicembre poteva apparire solo sospetta.

Con il nuovo elemento emerso, la questione cambia qualità.

Il termine del 23 dicembre 2024 per la presentazione degli emendamenti non è una data scelta all’ultimo momento dal Governo: era il termine concordato tra i membri della Commissione, fissato per chiudere il pacchetto emendativo prima della pausa natalizia.

Questo dato va incrociato con quanto raccontato dall’amministratore delegato del gruppo bulgaro nell’articolo del 26 novembre 2025: dopo la firma di un accordo di riservatezza, il 23 dicembre 2024 il gruppo tiene una presentazione virtuale alla Banca Centrale di San Marino, nell’ambito del percorso per l’acquisizione del 51% di BSM.

Il quadro che emerge è questo:

da un lato Commissione e Governo sanno che entro il 23 dicembre va chiuso il pacchetto emendativo, e in quel pacchetto compare l’abrogazione secca della 130/1995;

dall’altro, nello stesso giorno, il potenziale acquirente presenta a BCSM il proprio progetto di acquisizione del controllo di BSM.

A questo punto la domanda non è più solo “perché il 23 dicembre?”, ma quanto sia stato intenzionale il fatto di avere il 16-bis depositato, pubblico e visibile proprio in concomitanza con l’incontro in BCSM.

Il 16-bis come possibile “pezzo di prova” della rimozione degli ostacoli normativi

Gli emendamenti, una volta depositati in Segreteria Istituzionale, diventano atti pubblici. Questo significa che anche Banca Centrale, come qualunque altro soggetto istituzionale, può prenderne visione.

Nel momento in cui il gruppo bulgaro entra in call con BCSM il 23 dicembre, sul tavolo esiste già, nero su bianco, l’emendamento che abroga la 130/1995.

Alla luce di questa sequenza, diventa legittimo leggere il 16-bis come un possibile “pezzo di prova”, utile a dimostrare che l’ostacolo normativo del 51% è stato rimosso o sta per essere rimosso.

Non un emendamento tecnico e neutro, ma un segnale politico:

“la strada legale per vendere il controllo della banca è stata aperta”.

Se questa lettura è corretta, diventa difficile sostenere che:

– il Segretario alle Finanze non fosse consapevole del dossier;

– BCSM non cogliesse perfettamente il significato dell’abrogazione della 130/1995 per il ruolo di ECF in BSM.

Fondazioni, LISF e fit and proper: perché l’operazione non è affatto neutra

La 130/1995 è la legge che consente agli enti non profit trasformati in fondazioni bancarie di detenere una banca, imponendo però il mantenimento del 51%.

Una legge successiva sulle fondazioni esclude espressamente le fondazioni bancarie, precisando che restano disciplinate proprio dalla 130/1995.

La LISF, invece, definisce la banca come società autorizzata, impone requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza agli esponenti aziendali e sottopone i titolari di partecipazioni rilevanti all’autorizzazione e al controllo di BCSM.

Con l’abrogazione secca della 130/1995, senza norme di coordinamento, succede qualcosa di paradossale:

si apre la porta alla cessione del 51% di BSM;

si elimina la base legale speciale che consentiva a ECF di detenere una banca;

il ruolo di ECF come azionista viene potenzialmente assoggettato al pieno regime fit and proper, con effetti rilevanti sulla governance.

È difficile ritenere che chi ha scritto, autorizzato politicamente e seguito il dossier non fosse consapevole di queste conseguenze.

Le responsabilità politiche e istituzionali

Incrociando la cronologia con il termine del 23 dicembre, le domande diventano inevitabili:

chi ha deciso il contenuto del 16-bis e in quale sede?

è stato discusso in Congresso di Stato e con quali verbali?

in che termini BCSM è stata coinvolta prima e dopo il 23 dicembre?

il 16-bis è stato richiamato nelle interlocuzioni con il gruppo bulgaro?

chi, in Commissione e in Consiglio, aveva legami diretti o indiretti con ECF e BSM, e come ha gestito eventuali conflitti di interesse?

Se si vuole sostenere che politica e Governo siano stati semplici spettatori, queste domande devono avere risposte pubbliche e documentate.

Perché oggi serve una commissione d’inchiesta

A mesi dall’esplosione mediatica del caso e dalle notizie su arresti cautelari nell’ambito dell’indagine per una presunta mazzetta da un milione di euro, la sensazione è quella di un silenzio compatto: poche informazioni ufficiali, nessuna vera assunzione di responsabilità politica, nessuna spiegazione chiara sull’intreccio normativo e negoziale che ruota attorno al 16-bis.

Per questo la richiesta che emerge è duplice:

una commissione consiliare d’inchiesta sul caso BSM/ECF, con particolare attenzione alla genesi dell’emendamento 16-bis e alle interlocuzioni istituzionali;

e regole più rigorose di etica pubblica e prevenzione dei conflitti di interesse, perché interventi normativi così mirati non possono più essere gestiti in zone grigie.

Il caso BSM, letto alla luce del 23 dicembre, non è solo una storia di trattative finite male. È il racconto di come la politica può usare strumenti normativi per mandare segnali, confidando che nessuno li colleghi.

Sta a noi decidere se continuare a far finta di niente o pretendere, finalmente, risposte su firme, date e scelte.

un lettore