San Marino. Per una pace disarmata e disarmante: il realismo della speranza…di don Gabriele Mangiarotti

Da 59 anni la Chiesa annuncia, con un Messaggio rivolto all’umanità e ai suoi responsabili, il bene della Pace.

Anche quest’anno Papa Leone mantiene la tradizione, con un testo che entra nella problematica attuale, con gli occhi della fede e con la passione di una storia affascinante e persuasiva.

Credo che ci sarà modo di approfondire tutti i temi suggeriti, ma è indubbio che già fin d’ora possiamo raccogliere alcuni spunti che aprono a una speranza affidabile.

Ho provato a raccogliere alcuni suggerimenti da questo messaggio forte e incoraggiante, capace di motivare un impegno che ci renda protagonisti nella storia. Potrei definirlo «il realismo della speranza», con l’invito a una responsabilità della cultura, personale e sociale, con l’impegno per l’educazione, con le sottolineature di un compito a cui tutti possiamo aderire, e con l’amore a una storia di presenza e di pensiero che va tenuta desta con l’energia di ogni persona. Protagonisti consapevoli.

Desidero ribadirlo: questa è la pace del Cristo risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente.

Non sono pochi oggi a chiamare realistiche le narrazioni prive di speranza, cieche alla bellezza altrui, dimentiche della grazia di Dio che opera sempre nei cuori umani, per quanto feriti dal peccato. Sant’Agostino esortava i cristiani a intrecciare un’indissolubile amicizia con la pace, affinché, custodendola nell’intimo del loro spirito, potessero irradiarne tutt’intorno il luminoso calore. Egli, indirizzandosi alla sua comunità, così scriveva: «Se volete attirare gli altri alla pace, abbiatela voi per primi; siate voi anzitutto saldi nella pace. Per infiammarne gli altri dovete averne voi, all’interno, il lume acceso».

Prima di essere una meta, la pace è una presenza e un cammino. Seppure contrastata sia dentro sia fuori di noi, come una piccola fiamma minacciata dalla tempesta, custodiamola senza dimenticare i nomi e le storie di chi ce l’ha testimoniata.

La pace di Gesù risorto è disarmata, perché disarmata fu la sua lotta, entro precise circostanze storiche, politiche, sociali. Di questa novità i cristiani devono farsi, insieme, profeticamente testimoni, memori delle tragedie di cui troppe volte si sono resi complici.

Quando trattiamo la pace come un ideale lontano, finiamo per non considerare scandaloso che la si possa negare e che persino si faccia la guerra per raggiungere la pace. Sembrano mancare le idee giuste, le frasi soppesate, la capacità di dire che la pace è vicina. Se la pace non è una realtà sperimentata e da custodire e da coltivare, l’aggressività si diffonde nella vita domestica e in quella pubblica.

Per di più, oggi alle nuove sfide pare si voglia rispondere, oltre che con l’enorme sforzo economico per il riarmo, con un riallineamento delle politiche educative: invece di una cultura della memoria, che custodisca le consapevolezze maturate nel Novecento e non ne dimentichi i milioni di vittime, si promuovono campagne di comunicazione e programmi educativi, in scuole e università, così come nei media, che diffondono la percezione di minacce e trasmettono una nozione meramente armata di difesa e di sicurezza.

Tuttavia, «chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace».

È una spirale distruttiva, senza precedenti, dell’umanesimo giuridico e filosofico su cui poggia e da cui è custodita qualsiasi civiltà. Occorre denunciare le enormi concentrazioni di interessi economici e finanziariprivatiche vanno sospingendo gli Stati in questa direzione; ma ciò non basta, se contemporaneamente non viene favorito il risveglio delle coscienze e del pensiero critico.

Purtroppo, fa sempre più parte del panorama contemporaneo trascinare le parole della fede nel combattimento politico, benedire il nazionalismo e giustificare religiosamente la violenza e la lotta armata. I credenti devono smentire attivamente, anzitutto con la vita, queste forme di blasfemiache oscurano il Nome Santo di Dio.

In tutto il mondo è auspicabile che «ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono».

D’altra parte, ciò non deve distogliere l’attenzione di tutti dall’importanza della dimensione politica.

Occorre motivare e sostenere ogni iniziativa spirituale, culturale e politicache tenga viva la speranza, contrastando il diffondersi di «atteggiamenti fatalistici, come se le dinamiche in atto fossero prodotte da anonime forze impersonali e da strutture indipendenti dalla volontà umana».

 Che questo sia l’invito a leggere, approfondire e comunicare – soprattutto ai giovani – la forza e la bellezza di questo messaggio.

 don Gabriele Mangiarotti (Ufficio Cultura, Scuola e IRC – Diocesi di San Marino – Montefeltro)