Un passo decisivo nell’inchiesta sul dissesto idrogeologico che ha colpito la Romagna. La Procura di Ravenna ha notificato nella giornata di ieri gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di dodici persone. L’accusa ipotizzata dai magistrati titolari del fascicolo, il procuratore capo Daniele Barberini e il sostituto Francesco Coco, è duplice e pesante: disastro colposo e reato di pericolo. Al centro dell’indagine vi sono le devastazioni che hanno interessato le località di Traversara e Boncellino, nel comune di Bagnacavallo, durante gli eventi alluvionali che si sono susseguiti tra il 2023 e il 2024. Tra gli indagati figurano vertici, passati e attuali, della Protezione civile locale e regionale, oltre a direttori dei lavori e rappresentanti legali delle ditte coinvolte negli interventi.
Secondo la ricostruzione della pubblica accusa, supportata dalle perizie tecniche, non si tratterebbe solo di accertare negligenze passate, ma di una situazione di rischio ancora attuale. I magistrati sostengono che, a causa di interventi non eseguiti a regola d’arte sia dopo il disastro del maggio 2023 che dopo quello del settembre 2024, il pericolo di nuove inondazioni persista tuttora. L’indagine copre un arco temporale molto vasto, che va dal gennaio 2016 fino ad oggi, evidenziando come alcune pianificazioni territoriali siano state ignorate per anni.
Dagli atti emergerebbe che già nel Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del 2001, approvato dalla Regione nel 2003, l’abitato di Traversara era classificato come zona a rischio per il possibile crollo degli argini, con conseguente pericolo per l’incolumità pubblica. Ciononostante, gli interventi strutturali considerati prioritari non sarebbero stati attuati integralmente. I consulenti tecnici del Politecnico di Milano, incaricati dalla Procura, hanno evidenziato l’omissione di manutenzioni idonee a mitigare il rischio idraulico. Secondo gli esperti, gli eventi del settembre 2024 non avrebbero dovuto avere un impatto così distruttivo se le opere fossero state adeguate, dato che la portata dell’evento non rientrava nemmeno in tempi di ritorno trentennali, ben al di sotto della soglia di sicurezza duecentennale prevista dai piani di bacino.
Particolare attenzione viene posta su una relazione idraulica del 2016, nella quale si segnalava la necessità di rifare una passerella pedonale che ostacolava il deflusso delle acque impedendo l’ampliamento dell’alveo del fiume Lamone; un’evidenza che, secondo l’accusa, sarebbe stata trascurata anche durante i lavori di sistemazione arginale svolti in quello stesso anno.
Sotto la lente degli inquirenti sono finite anche le procedure di somma urgenza adottate dopo l’alluvione del maggio 2023, in particolare per la ricostruzione dell’argine sinistro a Boncellino, a monte del ponte ferroviario. La preoccupazione maggiore espressa dalla Procura riguarda però il presente: le opere realizzate successivamente al settembre 2024 presenterebbero ancora criticità tali da non poter escludere, ad oggi, il rischio di un nuovo collasso degli argini. Al momento il fascicolo si concentra su questi specifici episodi, ma non si esclude che l’inchiesta possa allargarsi ulteriormente per esaminare altre contestazioni legate alla gestione dell’emergenza in Romagna.













