Tra i nove destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita oggi nell’ambito della maxi inchiesta antiterrorismo della Dda di Genova, spicca il nome di Mohammad Hannoun. Architetto, noto attivista e presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, Hannoun è considerato dagli inquirenti non un semplice sostenitore della causa, ma una figura apicale del “comparto estero” di Hamas, il vertice di una cellula italiana capace di muovere ingenti capitali verso l’organizzazione terroristica sotto la copertura di iniziative benefiche.
Il ruolo nel network e i precedenti
Secondo la ricostruzione accusatoria, Hannoun sarebbe al centro di un complesso sistema di associazioni di solidarietà fittizie, utilizzate per drenare fondi destinati in realtà alle casse di Hamas. Il suo nome non è nuovo agli archivi dell’antiterrorismo: già nel 1991 era stato segnalato come coordinatore di una presunta cellula operativa all’interno del Centro Islamico Genovese, anche se quell’indagine fu poi archiviata. Dieci anni dopo, nel 2001, una perquisizione a suo carico portò al sequestro di documentazione riconducibile al gruppo terroristico, materiale che l’indagato giustificò sostenendo di averlo rinvenuto casualmente nei locali del Centro.
Nonostante le attenzioni investigative, Hannoun ha mantenuto e consolidato nel tempo un ruolo di primaria importanza. In qualità di responsabile dell’Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese, ha gestito raccolte fondi per i territori occupati e organizzato congressi ospitando personalità del mondo islamico i cui interventi, secondo gli investigatori, spesso inneggiavano alla strategia del terrore.
Contatti internazionali e lodi agli attentati
Le indagini attuali, supportate da intercettazioni telefoniche condotte da Polizia e Guardia di Finanza, avrebbero svelato l’esistenza di una rete europea strutturata. Hannoun manterrebbe contatti costanti e significativi con omologhi operanti in Olanda, Austria, Francia e Inghilterra, delineando un sistema internazionale di raccolta fondi apparentemente umanitari.
Ancora più compromettenti sarebbero i rapporti diretti con i vertici dell’organizzazione: è stato documentato un suo viaggio in Turchia lo scorso dicembre per partecipare a una riunione alla presenza di Ali Baraka, esponente di spicco del comparto estero di Hamas. Nelle conversazioni captate dagli inquirenti, inoltre, Hannoun avrebbe espresso espliciti apprezzamenti nei confronti di attentati terroristici.
Le sanzioni Usa e il foglio di via da Milano
Il profilo di Hannoun era già emerso con forza a livello internazionale nel 2024, quando il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti lo aveva inserito nella “black list” dei soggetti sanzionati. Washington aveva definito la sua associazione ABSPP un “ente di beneficenza fittizio”, accusandolo di aver trasferito almeno quattro milioni di dollari all’ala militare di Hamas nell’arco di un decennio.
Anche in Italia, la sua condotta aveva recentemente attirato provvedimenti amministrativi. Lo scorso ottobre gli era stato notificato un foglio di via da Milano della durata di un anno, emesso dall’Autorità di Pubblica Sicurezza. Il provvedimento, consegnatogli a Linate mentre arrivava da Roma per un corteo, era motivato dalle “istigazioni alla violenza e all’odio” emerse dalle sue dichiarazioni pubbliche. Nonostante il divieto, Hannoun aveva continuato a frequentare manifestazioni pro-Palestina nell’hinterland milanese, spingendo diverse amministrazioni locali a sollecitare ulteriori interventi del Questore. Accuse che l’attivista ha sempre respinto, bollandole come “atteggiamenti aggressivi” contro chi sostiene la causa del suo popolo. Ora, però, dovrà rispondere di associazione con finalità di terrorismo internazionale.












