Quello che è successo attorno al dottor Gianluca Camillieri non è un equivoco di fine anno, ma l’ennesimo corto circuito tra valore professionale reale e gestione amministrativa.
Camillieri lavora da oltre tre anni e mezzo all’Ospedale di Stato di San Marino con un contratto di consulenza, costruendo nel tempo un rapporto solido con i pazienti e diventando un punto di riferimento per l’ortopedia e la medicina dello sport sammarinese.
Il 9 dicembre 2025 il Comitato Esecutivo dell’Istituto per la Sicurezza Sociale approva la delibera di stabilizzazione, con assunzione dal 1° gennaio 2026 e inquadramento al 4° livello dirigenziale, formalmente il massimo previsto. Fin qui tutto lineare.
Il problema nasce subito dopo, quando al medico vengono comunicate tabelle retributive che, numeri alla mano, risultano peggiorative rispetto a quanto già percepito come consulente.
Non una sfumatura tecnica, ma un segnale netto.
Camillieri reagisce pubblicamente con un post sui social che lascia poco spazio alle interpretazioni: in quelle condizioni è pronto ad andarsene.
GiornaleSM fa propria la notizia e la diffonde. La notizia rimbalza, i pazienti reagiscono, parte una mobilitazione spontanea con proteste e raccolta firme.
A quel punto l’ISS interviene solo su Rtv e non su chi per primo ha dato la notizia, ovvero a GiornaleSM, parlando di “fraintendimento nel passaggio dei dati”, sostenendo che le cifre comunicate non sarebbero quelle definitive e che le condizioni complessive sarebbero in realtà migliorative, annunciando un incontro chiarificatore e affidando alla rassicurazione istituzionale il compito di raffreddare gli animi.
Ma la toppa non copre il buco.
Perché se un professionista arriva a esporsi pubblicamente, il tema non è un errore materiale, è la perdita di fiducia nel modo in cui viene gestito il rapporto.
Su GiornaleSM emerge chiaramente questo punto: non si tratta di qualche euro in più o in meno, ma del messaggio che passa quando una stabilizzazione, invece di rappresentare un riconoscimento, viene percepita come un passo indietro.
Il nodo vero è qui: un sistema sanitario pubblico che fatica a tenere insieme regole rigide e valorizzazione concreta delle competenze, finendo per mettere a rischio proprio quelle figure che funzionano e che i cittadini riconoscono come tali.
Ora la partita è aperta, l’incontro annunciato sarà decisivo, ma il danno politico-amministrativo è già sul tavolo.
Perché quando un medico stimato arriva a dire “me ne vado” e la comunità reagisce compatta, il problema non è un modulo sbagliato, è come viene trattato il merito.
Che si faccia una bella operazione di verità e si scopra di chi è la responsabilità di questo clamoroso errore, se errore c’è stato, e si agisca di conseguenza.
I nostri medici sono sacri, dobbiamo pagarli adeguatamente, stimarli e ringraziarli.
Buttiamo via risorse economiche (con probabili problemi alla sicurezza) per l’accoglienza di 30 palestinesi, destinati con ogni probabilità a lievitare nei numeri – da copione già visto – magari su input europeo, mandiamo 90 famiglie sammarinesi alla Caritas e nel frattempo non siamo nemmeno capaci di pagare adeguatamente i nostri medici: questa non è la San Marino che vogliamo.
La spending rewiew facciamola su altre stupidaggini che vengono fatte quotidianamente non sulla nostra salute e sulla nostra pelle.
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