Una richiesta accorata rivolta alle massime istituzioni regionali per tentare di mettere un punto, qualunque esso sia, a un’angoscia che dura ormai da oltre un anno. Federica Pambianchi, madre di Riccardo Branchini, il diciannovenne scomparso nell’ottobre del 2024, ha preso carta e penna per scrivere al presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli. L’obiettivo della missiva è sollecitare lo sfangamento dell’invaso del Furlo, un’operazione tecnica che la famiglia ritiene indispensabile per escludere o confermare la presenza del giovane sul fondale.
La vicenda riporta l’attenzione sulla notte tra il 12 e il 13 ottobre 2024, quando di Riccardo si persero le tracce proprio nei pressi della diga, in provincia di Pesaro Urbino. La sua automobile venne ritrovata regolarmente parcheggiata in zona, trasformandosi in un muto custode di tutti i suoi effetti personali: all’interno vi erano documenti, denaro, telefono cellulare, chiavi di casa e persino i vestiti, lasciati in disordine, insieme alle scarpe riposte sotto il sedile. Uno scenario che ha sempre lasciato supporre che il ragazzo si fosse allontanato in biancheria intima, senza portare nulla con sé. Da quel momento, nessun movimento bancario e nessun contatto.
Nella sua lettera al Governatore, la madre descrive la propria esistenza come sospesa in un limbo doloroso, divisa tra la necessità di conoscere la verità e il terrore dell’incertezza. Nonostante gli sforzi profusi dalla Prefettura e dalla Procura di Urbino, che hanno mobilitato squadre specializzate, unità cinofile, droni e sommozzatori, le ricerche non hanno prodotto esiti definitivi. Il problema centrale, evidenziato dalla donna, risiede nella scarsa visibilità subacquea causata dall’imponente strato di fango depositato sul fondo della diga. Sebbene i sonar non hayan rilevato la presenza di un corpo, la conformazione attuale dell’invaso non permette di avere certezze assolute.
La richiesta avanzata a Palazzo Raffaello è precisa: procedere con la bonifica ambientale e lo sfangamento della diga, un intervento che, secondo quanto riportato nella missiva, sarebbe già stato progettato dal 2021. Per la famiglia non si tratta più solo di un’opera idraulica o amministrativa, ma dell’unica via percorribile per ottenere una risposta definitiva. La madre si è rivolta al Presidente non solo come cittadina ma facendo leva sul proprio dolore genitoriale, chiedendo di non rimandare ulteriormente un lavoro già pianificato per evitare che il tempo e la decomposizione cancellino per sempre la possibilità di sapere se il figlio giaccia o meno in quel luogo.
Sul fronte giudiziario, le indagini coordinate dalla Procura di Urbino proseguono con un fascicolo aperto per istigazione al suicidio. La famiglia, assistita dall’avvocato Elena Fabbri, ha fatto sapere che le ricerche non si sono mai fermate, nonostante il difficile percorso sia stato ostacolato nel tempo anche da numerose segnalazioni rivelatesi infondate e da deprecabili tentativi di truffa e sciacallaggio.











