San Marino. Sulla questione palestinese la maggioranza non è compatta … di Marco Severini

Sulla questione palestinese la maggioranza non è compatta. È un dato politico, non una suggestione.

In Alleanza Riformista le perplessità sono reali e motivate: in parte ideologiche, ma soprattutto legate a costi, conseguenze e precedenti. Nella Democrazia Cristiana la frattura è interna ed evidente. Elettori e aderenti stanno tempestando i vertici di telefonate, segno che il malessere non è confinato ai corridoi della politica. Dentro il partitone convivono due linee: chi spinge sull’onda emotiva e chi sa che scelte di questo tipo, in un micro-Stato, non sono reversibili.

Marco Severini 2025 

Questo quadro dice una cosa semplice: portare a casa l’operazione palestinesi a San Marino sarà tutt’altro che agevole, soprattutto se declinata nei termini “Propal”. E non solo per le tensioni nella maggioranza.

C’è infatti un elemento decisivo che pesa più di ogni altro: la vasta opposizione dell’opinione pubblica. Un’opposizione trasversale, non riconducibile a una singola area politica, che attraversa famiglie, categorie produttive, lavoratori e pensionati. Non è rumore social, non è folklore. È la percezione diffusa che si stia andando oltre una linea di prudenza, senza un mandato chiaro e senza una valutazione completa degli effetti. Uno schema che ricorda da vicino l’Accordo di Associazione, oggi impantanato nelle sabbie mobili dell’accordo misto. Anche lì, Beccari porta responsabilità politiche pesanti.

Quando una decisione incontra resistenze così ampie nel Paese, forzarla diventa politicamente pericoloso. Non perché l’opinione pubblica abbia sempre ragione, ma perché ignorarla su un tema strutturale significa rompere il patto di fiducia tra cittadini e istituzioni. E quello, a San Marino, è un capitale che si perde in fretta e si ricostruisce con enorme difficoltà.

Il punto, quindi, non è essere pro o contro un popolo. Il punto è capire se una decisione strutturale può essere assunta con una maggioranza divisa e un’opinione pubblica largamente contraria, confidando che il tempo faccia dimenticare tutto. Di solito non funziona così.

Come GiornaleSM, e in questo caso come direttore del sito, la linea resta una sola: vigilanza costante. Perché le delibere che passano sotto traccia, senza numeri chiari, senza dibattito reale e senza piena consapevolezza pubblica, sono le più devastanti. Non fanno rumore subito, ma producono effetti dirompenti nel tempo. La delibera sui 30 palestinesi ha avuto visibilità solo dopo che GiornaleSM l’ha portata all’attenzione dell’opinione pubblica. Proprio per questo va analizzata fino in fondo. Non è un gesto simbolico: è un precedente politico e amministrativo. E i precedenti, in una Repubblica piccola come San Marino, contano più di qualsiasi dichiarazione rassicurante.

C’è poi un fatto che la politica farebbe un errore gravissimo a sottovalutare: l’opinione pubblica si è rivoltata. Non con qualche post isolato, ma in modo diffuso e determinato. È accaduto perché molti cittadini hanno capito che non si trattava di un atto simbolico, ma di una delibera nata in sordina, capace di incidere sul presente e soprattutto sul futuro. In gioco non è l’emergenza del giorno dopo; è la traiettoria di un Paese in cui ogni precedente pesa e ogni scelta strutturale trascina effetti per decenni. È questo che ha fatto scattare la reazione: la consapevolezza che non si stava decidendo solo per oggi, ma per i figli e i nipoti.

Quando una comunità percepisce che una delibera rischia di modificare equilibri sociali, spesa pubblica, sicurezza e coesione nel lungo periodo, la risposta non è ideologica: è difensiva. È la difesa di un futuro che non può essere ipotecato sull’onda emotiva o per compiacere una minoranza militante, forse nemmeno totalmente sammarinese.

Per questo adottare una delibera che segna il futuro contro un sentimento così ampio del Paese reale è una scelta sbagliata. Significa spezzare quel patto implicito per cui le grandi decisioni vengono condivise, spiegate, legittimate. Quando quel patto salta, il problema non è la protesta: è la perdita di fiducia verso una politica che poco più di un anno fa aveva raccolto consenso e che oggi, soprattutto con Beccari & Co., ha disilluso molti elettori.

Ignorare questo segnale sarebbe un errore politico pesantissimo. Le decisioni che toccano il futuro non si archiviano, non vengono dimenticate, non si riassorbono. Restano. E prima o poi presentano il conto, a chi le ha prese e a chi le ha subite.

GiornaleSM continuerà a osservare, controllare e segnalare. Il Comitato PRO-SAN MARINO sarà operativo e farà molto di più. Perché su scelte di questo peso la distrazione non è neutra: è già una decisione.

Ricordate, in maniera molto più marginale, la fine di Arzilli o del governo di Adesso.sm? A chi tocca stavolta?

Meditate, meditate, meditate  …

Marco Severini, direttore GiornaleSM