Il sottosuolo della frazione cesenate di Bulgarnò continua a restituire importanti tasselli di storia. Durante i lavori propedeutici alla realizzazione di un impianto fotovoltaico in via Capannaguzzo, è emersa nei giorni scorsi una necropoli di età romana. Il ritrovamento conferma l’importanza archeologica dell’area, un territorio che già in passato aveva svelato tracce di insediamenti produttivi risalenti al periodo medievale e rinascimentale.
La scoperta è avvenuta mentre gli archeologi effettuavano i consueti monitoraggi preventivi su un sito destinato a ospitare un parco solare di circa due ettari. A una profondità di circa un metro e mezzo sono state individuate tredici tombe, databili in un arco temporale che va dall’inizio dell’era volgare fino al tardo impero. Le sepolture presentano diverse tipologie di rito funebre, testimoniando una lunga frequentazione del sito. Alcune sono state identificate come tombe “alla cappuccina”, una modalità di inumazione povera diffusa in epoca imperiale, dove le ceneri del defunto, precedentemente cremato, venivano deposte nella nuda terra e protette da una copertura di tegole in terracotta disposte a doppio spiovente.
Accanto alle incinerazioni, gli esperti hanno portato alla luce anche sepolture a inumazione diretta, che hanno conservato i resti scheletrici degli antichi abitanti. Sebbene il corredo funebre recuperato non sia particolarmente ricco, un reperto ha destato particolare interesse: una piccola anfora legata al collo di uno scheletro, al cui interno era custodita una moneta. Si tratta del classico “obolo di Caronte”, il tributo simbolico che secondo la mitologia serviva a pagare il traghettatore delle anime per attraversare il fiume Stige e raggiungere l’oltretomba.
La concentrazione di un numero così elevato di tombe in uno spazio circoscritto suggerisce agli studiosi la possibile presenza, nelle immediate vicinanze, di un insediamento abitativo o di una villa rustica ancora da localizzare. Le operazioni di scavo archeologico proseguono ora con le fasi di rilievo, catalogazione e rimozione dei reperti per garantirne la conservazione, ma non hanno bloccato la realizzazione dell’infrastruttura energetica. I sondaggi effettuati in un terreno adiacente, destinato a un secondo impianto, hanno invece dato esito negativo, non rilevando ulteriori presenze archeologiche.











