
(ANSA) – BOLOGNA, 20 OTT – Un’analisi con tecniche avanzate
non invasive per decifrare gli enigmi di uno dei pochissimi
manoscritti precolombiani sopravvissuti ai secoli e ai
conquistadores. Il Codice Cospi, antico testo azteco dipinto tra
la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, conservato a Bologna
da quasi 500 anni, è in questi giorni al centro di una campagna
di analisi presso la biblioteca universitaria della città, in
collaborazione con il Museo di Palazzo Poggi del Sistema Museale
di Ateneo.
Un gruppo di ricercatori proverà a ricostruire la
composizione dei vividi colori con cui il libro venne dipinto.
La nuova campagna, attraverso la piattaforma Molab di E-Rihs.it
(il nodo italiano dell’infrastruttura di ricerca europea
sull’Heritage Science), è possibile grazie a un finanziamento
della Fondazione Carisbo al Dipartimento di Storia Culture
Civiltà dell’Università di Bologna.
A coordinare l’iniziativa è il professore dell’Unibo Davide
Domenici: “Verranno impiegate avanzate tecniche di imaging
iperspettrale e fluorescenza per mappare la distribuzione dei
materiali utilizzati, sia organici che inorganici, in tutte le
pagine del codice – spiega – Questo ci permetterà di indagare
con un dettaglio fino ad oggi impensabile le pratiche
tecnologiche e pittoriche sviluppate dagli artisti
precolombiani”.
Il manoscritto, uno dei rarissimi “libri” precolombiani (una
dozzina nel mondo) arrivati a noi, venne presumibilmente portato
a Bologna dal domenicano spagnolo Domingo de Betanzos in
occasione di un incontro con Papa Clemente VII risalente al 3
marzo 1533. Una prima campagna di analisi non invasiva,
realizzata nel 2006, fece da apripista ad altri studi su gran
parte degli altri manoscritti precolombiani esistenti. (ANSA).
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte