Aborto fino alla nascita (e oltre)? … di Don Gabriele Mangiarotti

Don Gabriele Mangiarotti

No, non possiamo fare finta di niente e, rassegnati, voltarci dall’altra parte! La questione dell’aborto rimane davanti a noi e interpella cuore e ragione.

La legge approvata a San Marino non pone un limite temporale all’IVG e, anche se dai promotori del Referendumabbiamo sentito alzarsi voci sdegnate nei confronti di coloro che stigmatizzavano questa scelta come foriera di morte fino alla nascita, quanto sta accadendo in USA in previsione delle prossime elezioni non fa che confermare queste tristi ipotesi.

Leggo da un interessante articolo di Ayaan Hirsi Ali queste riflessioni su quanto sta accadendo in America, presso i «democratici» (così cari ad alcuni «democratici» di casa nostra): «Sappiamo già perché l’estrema sinistra del Partito Democratico parla così tanto di aborto. La risposta convenzionale è che è il loro argomento più popolare.

Solo che la posizione dei democratici sull’aborto non rispecchia le opinioni del pubblico americano. L’aborto è una questione molto divisiva, su cui le persone intelligenti di buona volontà non sono d’accordo. Tuttavia, solo una piccola parte della popolazione… pensa che l’aborto dovrebbe essere legale fino alla nascita o addirittura dopo. Sì, dopo la nascita. Questi aborti post-nascita sono stati legalizzati da diversi Stati blu [la cui maggioranza è del Partito repubblicano – n.d.t.], tra cui, di recente, il Minnesota di Tim Walz [candidato Vicepresidente degli Stati Uniti d’America alle elezioni presidenziali del 2024 per il Partito Democratico – n.d.t.]. (Peggio ancora, ricevono sostegno da parte di riviste mediche corrotte dal woke, che a loro volta sono state denigrate anche dai media liberal moderati.) Guardate attentamente le modifiche apportate da Walz alla legge. Vedete, gli aborti tardivi sono processi rischiosi perché il bambino è in genere in grado di sopravvivere. Gli abortisti di solito riescono a recidere gli arti del bambino e a schiacciare il suo cranio prima che emerga dal grembo materno, ma non sempre. Prima dell’intervento di Walz, ogni volta che i bambini nascevano vivi, il medico era tenuto a cambiare gli obiettivi: dall’uccidere il bambino all’aiutarlo a vivere.

Qualsiasi persona di buon senso sarà scioccata sul piano logico da questa situazione. Sicuramente la nascita non ha in qualche modo trasformato “un ammasso di cellule” in una persona. Se ci viene richiesto di nutrire e proteggere un neonato, sicuramente lo stesso è richiesto per un bambino che si trovi in un luogo diverso. Gli estremisti in stile Walz hanno capito la logica di tutto questo, ma sono andati alla conclusione nella direzione opposta. Se hai il diritto di uccidere un bambino a nove mesi di gravidanza, sicuramente pochi secondi dopo hai ancora il diritto di uccidere un bambino. Da qui l’eliminazione in Minnesota dell’obbligo di “preservare la vita e la salute del bambino nato vivo”… L’India e la Cina hanno abortito così tante bambine (decine di milioni) per così tanto tempo che le autorità ora si preoccupano che i giovani uomini riescano a trovare moglie. L’Islanda ha ridotto la sua popolazione con sindrome di Down quasi a zero, semplicemente abortendo ogni bambino con essa. E ora stiamo anche tornando al metodo preferito dal mondo antico: l’aborto post-nascita. Sì, sta già accadendo… Naturalmente, la maggior parte delle persone, compresi molti atei, ha ancora l’ethos cristiano profondamente radicato nella propria visione del mondo. Se il popolo americano capisse fino a che punto persone come Walz sono disposte a spingersi per assicurarsi che i bambini muoiano, la maggior parte sarebbe inorridita.

I democratici erano soliti scusarsi ed erano imbarazzati riguardo all’aborto. Ricordate le parole “sicuro, legale e raro”? Che fine ha fatto il “raro”?»

 

Di fronte a questa terribile deriva di morte, che sembra addirittura fare da programma nelle elezioni americane, vengono alla mente le parole di Wanda Pó?tawska, sopravvissuta al campo di concentramento nazista di Ravensbrück, in cui racconta il dolore condiviso con Karol Wojty?a, che divenne il suo confessore e padre spirituale: «Risultò che c’erano delle questioni ugualmente importanti per lui e per me.

Una delle prime era il problema del bambino, problema che in me affondava le sue radici a Ravensbrück… Una delle questioni impresse in me dal campo era il destino del bambino.

A Ravensbrück c’erano anche donne incinte, soprattutto dopo l’insurrezione di Varsavia. I nazisti non costringevano le detenute gravide all’aborto, aspettavano fino al parto (penso che fossero semplicemente consapevoli della gravità del trauma che rappresenta l’aborto per l’organismo della madre) e questo niente affatto per motivi altruistici, ma semplicemente per non ridurre la manodopera: aspettavano il regolare parto fisiologico, per non avere donne malate. Dopo il parto, però, quei bambini o venivano lasciati nell’infermeria, senza cibo, fino alla morte per inedia, oppure venivano gettati vivi direttamente nello «Heizung» [nei forni].

Ebbi occasione di assistere a quella scena orribile e decisi una volta per tutte che, se fossi uscita viva da quell’inferno, avrei difeso i bambini, tutti senza alcuna eccezione».

 

La vita di ogni uomo vale sempre, dal suo primo istante. E se non si capisce questo, sarà poi difficile difenderla di fronte ai tentativi estremi di non rispettarla.

E neppure lo spauracchio dell’più terribile inverno demografico potrà essere un freno alla pratica disumana dell’aborto.

In questo frangente quella che si chiama la «teoria della rana bollita» sembra essere la spiegazione più realista rispetto a quanto sta accadendo.

 

Fermiamoci prima che sia troppo tardi. Quello che sta accadendo nel mondo, con la sua scia di morte e di guerre, non ci può lasciare indifferenti né passivi.

 

don Gabriele Mangiarotti