Accordo di associazione con l’Unione Europea, ad Andorra dubbi, resistenze e richiesta di referendum … di Marco Severini, direttore GiornaleSM

Negli ultimi mesi, Andorra si è trovata al centro di un acceso dibattito politico e sociale sull’accordo di associazione con l’Unione Europea, firmato a livello tecnico nel dicembre 2023 e attualmente in attesa di ratifica.

Se da un lato il governo, minoritario in termini di consensi nel paese, continua a sostenere che l’intesa rappresenta un passo storico verso una maggiore integrazione con il mercato unico, dall’altro cresce il fronte contrario, composto da forze politiche di opposizione, esperti economici e una fetta consistente dell’opinione pubblica.

I partiti Andorra Endavant e Concòrdia hanno espresso con forza le loro riserve sul contenuto e sulle modalità con cui si è giunti all’accordo. Le critiche si concentrano in particolare su tre aspetti. La natura giuridica del trattato: secondo i rappresentanti dell’opposizione, il governo non ha chiarito se l’accordo implichi una cessione di sovranità tale da richiedere un referendum vincolante. L’assenza di trasparenza nel processo negoziale: non sono stati coinvolti né i cittadini né i rappresentanti del Parlamento in maniera significativa fino alla firma tecnica dell’accordo. Le conseguenze economiche: Concòrdia ha commissionato uno studio all’economista Miquel Puig, il quale ha paventato uno scenario allarmante: con l’apertura del mercato e la piena applicazione delle regole UE, molte piccole e medie imprese andorrane potrebbero essere soppiantate da grandi gruppi europei, con un impatto devastante sull’economia locale. Puig ha inoltre stimato una crescita demografica del 35% in 12 anni, che il Paese non sarebbe pronto a sostenere né in termini di infrastrutture né di servizi pubblici.

L’economista Manuel Puig

Un’opinione pubblica divisa (e mal informata) ed il 50% degli andorrani è contraria all’accordo. Un recente sondaggio condotto da Andorra Recerca i Innovació ha rilevato che solo il 24% dei cittadini è favorevole all’accordo, mentre il 50% si è dichiarato contrario e il restante 26% indeciso. Ma il dato più allarmante è un altro: il 67% degli intervistati ha affermato di non sentirsi sufficientemente informato sugli effetti concreti dell’associazione con l’UE.

Questa mancanza di comunicazione, al pari di San Marino, ha alimentato sospetti e timori, tanto che l’idea di indire un referendum popolare per ratificare (o respingere) l’accordo sta prendendo sempre più piede. Il governo, però, non ha ancora assunto una posizione ufficiale su questo punto, alimentando ulteriore incertezza.

La situazione andorrana non può essere ignorata da San Marino, che si trova nella stessa posizione negoziale. Qualora Andorra dovesse bloccare o rallentare la ratifica dell’accordo, ciò potrebbe avere ripercussioni politiche e strategiche anche per la Repubblica del Titano. L’Unione Europea, infatti, punta a una ratifica congiunta dei trattati con Andorra e San Marino, e un rallentamento in uno di questi Paesi potrebbe compromettere l’intero pacchetto.

Xavier Espot Zamora, primo ministro di Andorra

Andorra si trova a un bivio. La promessa di maggiore integrazione con l’Europa deve ora fare i conti con la realtà politica interna, il timore di perdere pezzi della propria identità economica e istituzionale, e il malcontento di una popolazione, come parrebbe ci sia anche a San Marino, che chiede con forza più chiarezza, più partecipazione, più democrazia.

Se davvero si vuole costruire un ponte tra microstati e Unione Europea, non si può prescindere dal coinvolgimento attivo dei cittadini. E in questo momento storico, forse, è proprio un referendum lo strumento più democratico e legittimo per tracciare la rotta del futuro.

Marco Severini – Direttore GiornaleSM