Quando si parla dell’Accordo di Associazione tra l’Unione Europea, San Marino e Andorra, una delle parole d’ordine ricorrenti è “flessibilità”. Un termine che, a prima vista, sembra evocare tolleranza, gradualità, attenzione alla diversità dei soggetti coinvolti. Ma nella sostanza, ciò che emerge dall’impianto del trattato è esattamente l’opposto: una progressiva cessione di sovranità giuridica, normativa e istituzionale a vantaggio dell’Unione, mascherata sotto la forma di una collaborazione multilivello.

San Marino si troverà infatti nella posizione paradossale di dover adottare e applicare gran parte del diritto dell’Unione, senza essere Stato membro, senza potere contrattuale reale, e soprattutto senza alcun diritto di rappresentanza o di veto nei processi decisionali di Bruxelles. La cosiddetta “associazione” altro non è, nel concreto, che una forma di adesione surrettizia, in cui uno Stato piccolo viene inglobato nel sistema normativo europeo, senza alcuna garanzia di reciprocità. È un’associazione sì, ma a senso unico. UNA GABBIA, UNA TRAPPOLA insomma.
Il capitolo degli “adattamenti specifici” previsti per San Marino è la foglia di fico dietro cui si cela questa realtà. Si parla di deroghe, periodi transitori, clausole di salvaguardia, adattamenti tecnici. Ma si omette di dire che nessuna di queste eccezioni è automatica, permanente o garantita. Ogni adattamento deve essere richiesto, motivato, giustificato e — attenzione — approvato da un comitato misto in cui San Marino ha un peso marginale. La discrezionalità è tutta nelle mani della Commissione Europea, che decide se e come concedere l’eccezione. È il contrario del principio di parità tra le parti: è il potere che decide quanto il debole può restare libero.
Ma c’è di più. Anche ammesso che alcune deroghe vengano concesse, esse avranno sempre natura transitoria e mi preoccupano le quattro libertà, soprattutto quella della circolazione delle persone che può arrecare seri problemi di sicurezza ad un paese che è tranquillo e non è proprio a questa invasione.
L’obiettivo dichiarato è l’allineamento completo all’acquis dell’UE. Quello che oggi è facoltativo, domani diventerà obbligatorio. È una logica che non lascia spazi reali di scelta. Il modello europeo — tecnocratico, centralizzato e uniforme — viene semplicemente calato su realtà che nulla hanno a che fare con i meccanismi legislativi continentali. Non si tratta più di collaborazione tra Stati sovrani, ma di integrazione normativa imposta sotto forma di condizionalità economica.
A questo si aggiunge un altro elemento che dovrebbe allarmare ogni cittadino sammarinese realmente attento alla libertà del proprio Paese: l’irrevocabilità strutturale. Una volta firmato l’accordo, e avviata l’applicazione provvisoria, uscirne sarà tecnicamente possibile ma politicamente devastante.
Qualunque rifiuto di attuare le norme UE potrà essere interpretato come “inadempienza” e comportare la sospensione automatica di benefici economici. San Marino si legherà mani e piedi a un sistema normativo esterno, con la sola speranza che l’Europa non decida un giorno di cambiare le regole a suo piacimento.
Eppure la vera domanda da porsi è un’altra: chi ha detto che San Marino debba seguire per forza la strada dell’associazione all’Unione Europea? Chi ha stabilito che l’unico destino possibile per il nostro Paese sia quello di integrarsi in un sistema che nemmeno funziona più, come dimostrano le crisi economiche, sociali e migratorie che lacerano l’UE da oltre un decennio? Vi ricordate come ci hanno trattato con la questione COVID? Perché mai dovremmo rinunciare alla nostra capacità di scegliere, legiferare, negoziare, stringere accordi quando e con chi vogliamo, per inseguire un’integrazione che ci trasforma in regolati passivi anziché in partner attivi?
Il mondo, oggi, non è più quello degli anni Novanta. Esistono potenze globali come gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, ma anche blocchi regionali emergenti, come i BRICS o l’ASEAN. Perché San Marino non può sviluppare accordi bilaterali selettivi, mirati, vantaggiosi, con chi davvero ci interessa, su base tematica e settoriale? Ci sono veramente enormi possibilità economiche e di benessere per tutti! E’ da miopi non vederlo!
Perché dobbiamo legarci mani e piedi a una sola entità — l’Unione Europea — che già oggi ci tratta da marginali, da “territorio da allineare” e non da interlocutore? E questo lo sa anche Beccari.
È evidente che l’Accordo di Associazione non è uno strumento neutrale. È un atto politico, pensato per assorbire i microstati nel sistema UE senza doverli far aderire formalmente. È una forma di “soft annexation”, dove la clausola di flessibilità serve solo a far digerire la pillola amara. Ma è una pillola che contiene dentro di sé una trasformazione silenziosa e irreversibile: la fine dell’autonomia normativa sammarinese.
Un piccolo Stato come il nostro non deve cedere alle sirene dell’uniformità. Il nostro valore sta nella nostra specificità, nella nostra capacità di negoziare liberamente, di adattare le regole alle dimensioni reali della nostra comunità. Un accordo quadro che impone l’intero corpus normativo europeo, con l’illusione di qualche deroga tecnica, non è un’opportunità: è una trappola.
San Marino non ha bisogno di un accordo di associazione con l’UE. Ha bisogno di una strategia estera indipendente, fondata su accordi bilaterali, tematici, volontari e non vincolanti, che proteggano i nostri interessi reali, la nostra libertà politica e la nostra indipendenza giuridica.
Un approccio contrattualista, multipolare, pragmatico. Non una gabbia dorata, ma una mappa di opportunità da costruire caso per caso, in base a ciò che serve a noi, e non a quello che conviene a Bruxelles.
Gli “adattamenti specifici” previsti nell’accordo non sono una tutela. Sono il meccanismo attraverso cui ci si abitua gradualmente all’obbedienza. E chi accetta di essere normalizzato per un po’ di stabilità commerciale, alla fine rinuncia alla propria sovranità, senza nemmeno rendersene conto.
SUDDITI POVERI SENZA ALCUN DIRITTO ANZICHE’ LIBERI, COME CI HANNO LASCIATO LE GENERAZIONI PASSATE.
Marco Severini – direttore GiornaleSM