Acqua, bollette in aumento e l’ipocrisia ambientale (l’editoriale di David Oddone)

Nel difficile contesto nel quale viviamo, dove tutto pare avere una quota crescente, l’acqua, quella sostanza essenziale che scorre nei rubinetti e dà linfa alla nostra esistenza, non fa eccezione.

Le bollette, quei fogli che si accumulano insieme ad altre spese, sono diventate il simbolo di una realtà che è difficile da accettare. Un aumento, un altro aumento e poi ancora uno: sembra una canzone che si ripete, un ritornello sgradevole che si insinua nella nostra routine quotidiana.

Ecco, anche il consumatore di acqua è diventato un portafoglio ambulante per un sistema che non ha più freni.

Gli annunci di aumenti tariffari fanno ormai parte del copione, come se fossimo protagonisti inconsapevoli di un teatro dove l’unico ruolo che ci è riservato è quello di spettatore… pagante.

E’ Ucs a denunciare l’ipocrisia dietro tali aumenti. La delibera in questione parla di bilanci in rosso, di necessità di adeguare le tariffe per coprire le spese. Ma in un contesto in cui il mercato dell’acqua si muove con proprie dinamiche, la logica dell’aumento contraddice quella dell’effettivo costo dell’acqua stessa. Si tratta il cittadino come un allievo a cui impartire lezioni di risparmio idrico.

“La richiesta di aumento delle tariffe acqua potabile, contrariamente alle recenti richieste di adeguamento tariffe energia elettrica e gas, non si basa su un oggettivo andamento del mercato […] un valore economico adeguato, si traduce in un chiaro messaggio ai cittadini sull’importanza della risorsa e sull’evitarne ogni spreco. […] che l’aumento tariffario, non del tutto legato a vere esigenze di mercato e di aumento dei costi della materia prima, debba essere più contenuto rispetto a quanto proposto da A.A.S.S”.

Dunque – denuncia Ucs – a fronte di un costo non oggettivamente imputabile al mercato, l’acqua viene fatta pagare di più ai consumatori, sia per ragioni legate al bilancio di AASS, sia perché ricevano il chiaro messaggio che essa è un bene prezioso e non deve andare sprecato. Della serie, il fine giustifica i mezzi.

Ormai si respira solo una grande amarezza quando ci si sofferma sull’argomento dell’ambiente. Così mentre ai cittadini viene richiesto di stringere la cinghia e di pagare di più per evitare sprechi d’acqua (sic!), emergono notizie sulla realtà globale che rivelano un quadro ben diverso.

Si apprende con inquietudine del Giappone e dell’acqua radioattiva che finisce in mare, si parla di nazioni e grandi industrie che sembrano non tenere conto degli impatti delle loro azioni sull’ecosistema.

È proprio questa contraddizione che fa infuriare. Si chiedono sacrifici, si aumentano le tariffe, si punta il dito verso il cittadino, mentre le grandi istituzioni e industrie non rispettano né il territorio, né il senso di equità che dovrebbe regolare un sistema.

L’ambiente diventa un pretesto, un’arma per richiedere risorse economiche senza dare una risposta efficace alle sfide che si presentano.

È giusto pretendere dai cittadini maggiore sensibilità per l’ecologia, ma è altrettanto giusto chiedere agli Stati e alle grandi aziende di fare lo stesso.

La retorica non basta, le azioni concrete contano di più.

E mentre anche le bollette dell’acqua lievitano, è legittimo chiedersi se l’equilibrio tra richieste e risposte sia davvero rispettato.

Si tratta di un giudizio duro, un richiamo a riconsiderare l’approccio verso le politiche tariffarie e ambientali.

È un invito a guardare oltre la superficie, a valutare con occhi critici le decisioni prese dai vertici delle istituzioni. L’acqua, simbolo di vita, si trasforma nello specchio in cui si riflette l’ipocrisia di un sistema che chiede privazioni solo a chi evidentemente non ha voce in capitolo, ignorando le proprie responsabilità.

 

David Oddone

(La Serenissima)