Addio a Mino Raiola. La famiglia: ‘È stato il migliore di tutti’

Mino Raiola è morto: lo annuncia la famiglia con un post sul profilo Twitter del procuratore sportivo. “Con infinito dolore annunciamo la scomparsa di Mino, il più straordinario procuratore di sempre”. Con queste parole la famiglia Raiola annuncia la morte dell’agente sul suo profilo twitter con un lungo post accompagnato da una foto di Raiola giovane. “Mino ha lottato fino all’ultimo istante con tutte le sue forze – prosegue il post -, proprio come faceva per difendere i calciatori e ancora una volta di ha resi orgogliosi di lui senza nemmeno rendersene conto. Mino è stato parte di tanti calciatori e ha scritto un capitolo indelebile nella storia del calcio moderno”. “Ci mancherà per sempre – aggiunge la famiglia -, il suo progetto di rendere il mondo del calcio un mondo migliore per i calciatori sarà portato avanti con la stessa passione. Ringraziamo di cuore coloro che ci sono stati vicini e chiediamo a tutti di rispettare la privacy di familiari e amici in questo momento di grande dolore”.

   Raiola ha gestito alcuni dei migliori calciatori del mondo, campioni e personalità di spicco come Pogba, Haaland, Donnarumma, de Ligt e Zlatan Ibrahimovic con cui ha costruito anche un rapporto d’amicizia. Lo svedese gli era andato a far visita al San Raffaele due giorni fa. Un gesto d’affetto per chi lo sempre seguito, permettendogli di scrivere pagine importanti di sport.

Arguto, intelligente e competente, Raiola è stato una spina nel fianco per molti dirigenti ed è stato spesso identificato come il ‘male’ del calcio moderno. Ma alcuni protagonisti del sistema stesso, che si sono ritrovati a trattare e lottare a suon di milioni, con un sorriso, ammettono stima e apprezzamenti. 

“Non prendere in giro in Paradiso, loro conoscono la verità…tvb Mino”. E’ l’affettuoso messaggio, scritto in inglese (don’t take the piss in paradise, they know the truth…” ) dal presidente della Juventus Andrea Agnelli, suo suo account personale su Twitter

Non era un supereroe, ma il ‘Super-agent’ Mino Raiola, il ‘Re Mida’ del calciomercato. Se la morte a soli 54 anni, annunciata con un post dalla famiglia dopo le voci, le indiscrezioni e perfino le fake news, segna la parola fine al suo impegno, non potrà cancellare il ricordo di chi, dall’inizio del nuovo millennio, ha contribuito a plasmare, nel bene e nel male, l’attuale mondo del pallone. Da cameriere alle prime esperienze nel ristorante del padre, emigrato in Olanda con la famiglia da Nocera Inferiore, e da giocatore delle giovanili dell’Harleem, Raiola ha trovato in fretta la sua strada come intermediario, imparando a districarsi da maestro in un labirinto di contratti e clausole, rapporti e dritte, simpatie e contrasti, forte della padronanza di sette lingue e di un innato senso degli trattativa. Che l’hanno portato ad avere in ‘portafoglio’ campioni come Ibrahimovic e Pogba, trasferiti a suon di milioni – e di commissioni esorbitanti – da un club all’altro. Spesso nel mirino dei tanti detrattori, ritenuto il simbolo di una mercificazione estrema di un mondo che pure non ha mai brillato per limpidezza, il procuratore italiano è sempre andato avanti per la sua strada, scontrandosi con tanti club e allenatori, ma anche con le federazioni e addirittura la Fifa, mentre con una stretta di mano, una telefonata, una firma, segnava il destino di centinaia di giocatori e di tanti campioni, da Pavel Nedved a Zlatan Ibrahimovic, da Mario Balotelli a Paul Pogba, fino a Gigi Donnarumma ed Erling Haaland, solo per citarne alcuni.

Per tutti, si è sempre vantato di “dare il 100%”, cercando di giustificare così anche le commissioni monstre incassate. Secondo Forbes, nel 2020 la sua agenzia aveva portato a casa 75 milioni di euro, pari ad un giro d’affari almeno dieci volte superiore. Cifre che hanno creato invidie e anche dubbi sulla logica che sta dietro al sistema dove agiscono centinaia di altri personaggi. Ma Raiola, insieme con lo spagnolo Jorge Mendes, era sul podio, inamovibile. Tra i tanti aneddoti da riferire, c’è quello raccontato nella sua biografia di Zlatan Ibrahimovic e riguardante il loro primo incontro, quando giocava nell’Ajax. Lo svedese si presentò in Porsche, elegantissimo, e si trovò davanti un “ciccione in jeans e t-shirt”. Un tratto caratteristico dell’italiano, lo stile più che casual, che raccontava gli fosse stato suggerito da un suo professore di storia. Di fatto, invece di incantare Ibra con promesse di ingaggi milionari, Raiola lo mise al tappeto mostrandogli le sue statistiche di realizzazione, quasi misere di fonte ai gol segnati da Vieri, Inzaghi e Trezeguet. L’attaccante ne fu colpito e conquistato, si mise sul serio ad allenarsi per crescere e i risultati diedero ragione a entrambi. E proprio l’attuale attaccante del Milan negli ultimi giorni è stato tra i più vicini all’amico, andando anche a trovarlo al San Raffaele dove era ricoverato, ma decine sono già i post e i messaggi di commiato di giocatori e dirigenti che l’hanno conosciuto.


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