Adesso scatta l’ora X di Conte. L’Europa è pronta a scaricarlo

Il Consiglio europeo odierno dovrebbe approfondire in maniera sostanziale il percorso di definizione del Recovery Fund di cui da mesi si parla come possibile strategia per la ripresa dell’Unione Europea dalla crisi economica del coronavirus. Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha presentato la definizione della strategia ancorata al bilancio pluriennale 2021-2027 come una vittoria di Roma, ma in realtà sul piano politico, economico e programmatico c’è ben poco di concreto.

“Sulla proposta della Commissione sul Recovery Fund non è possibile raccogliere un consenso: il Consiglio europeo certificherà tutte le resistenze. Per questo nelle prossime settimane ci sarà un nuovo compromesso che sarà messo sul tavolo da Charles Michel, sulla base del quale inizieranno i negoziati veri e propri”, racconta a La Stampa un’anonima fonte comunitaria di alto profilo. Next Generation Eu, il fondo proposto dalla Commissione di Ursula von der Leyen con un valore massimale di 750 miliardi di euro tra prestiti e aiuti a fondo perduto, non vedrà la luce nel 2020 e molto probabilmente arriverà al traguardo profondamente trasformato.

Il bluff del governo giallorosso, che aveva presentato come cosa fatta l’arrivo di ingenti risorse comunitarie, stava già pensando a come distribuire spese, investimenti e meriti, e non riteneva vero di potersi accodare a Francia e Germania per vedere realizzate quelle proposte abbozzate ma mai messe sul campo (mutualizzazione del debito e rottura della logica del rigore), è prossimo a cadere. I punti di attrito sono numerosi e di difficile scioglimento.

In primo luogo è da sottolineare la fallacia della famosa cifra di 172 miliardi di euro che il governo presentava come in arrivo sicuro nel Paese: fermo restando che la cifra complessiva tra prestiti e aiuti a fondo perduto è di almeno una ventina di miliardi inferiore bisogna sottolineare che Roma rischia di ricevere meno aiuti a fondo perduto di quanto sarà l’extra-contribuzione richiesta all’Italia nel bilancio pluriennale 2021-2027. Come ha fatto notare Teleborsa, “non solo si raddoppieranno i versamenti dell’IVA che gli Stati girano all’Unione, ma si prevede di introdurre nuove tasse: da quella sulla plastica non riciclata a quella su determinate emissioni inquinanti”. E potrebbero essere fino a 96 i miliardi che l’Italia dovrà garantire sui sette anni del bilancio per rafforzare la contribuzione al fondo NextGen Eu: una cifra superiore agli 82 miliardi a fondo perduto dati per scontati dal governo.

Ma non finisce qui. Come sottolinea la fonte sentita da La Stampa, è tutto da dimostrare che l’Unione Europea riuscirà a spuntare un fondo da 750 miliardi di euro da agganciare al bilancio 2021-2027. Francia e Germania fanno quadrato, ma l’asse degli oppositori si è ricomposto e, sebbene l’unità della Nuova Lega Anseatica sia stata incrinata, Olanda, Svezia e Danimarca possono contare sull’Austria come nuova stella del firmamento dei rigoristi, ostili a qualsiasi extra-contribuzione con fondi propri al bilancio Ue, e sulla sponda inattesa dei Paesi dell’Est. I quattro di Visegrad, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, rifiutano un’eccessiva contribuzione che metta a repentaglio l’afflusso dei fondi di coesione europei nelle loro tasche.

I tre Paesi frugali del Nord, sostenuti dall’Austria, hanno bloccato la proposta italiana di anticipare al 2020 parte dei contributi del fondo; inoltre hanno recuperato la sponda della Finlandia nel richiedere forti condizionalità sui prestiti e maggiore coinvolgimento dei governi nel processo di “controllo” sull’utilizzo dei fondi.

Conte potrebbe accorgersi di essersi sbagliato nell’accodarsi incondizonatamente al carro franco-tedesco: la cancelliera Angela Merkel ha fretta di chiudere per potersi concentrare sul fronte interno e non avrebbe problemi a sacrificare parte del volume totale del fondo (del resto Berlino puntava inizialmente a 500 miliardi) per sospendere la presenza di veti incrociati. Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, è chiamato al compito più difficile, come fa notare il quotidiano torinese: “Il presidente del Consiglio europeo cercherà di “salvare” quei capitoli sui quali possono esserci margini per un’ intesa e al tempo stesso elencherà quelli che evidenziano maggiori disaccordi. Dopodiché presenterà il suo “NegoBox”, una nuova proposta di compromesso sulla base del quale si concentreranno le trattative nel prossimo summit, verosimilmente il 9-10 luglio”. Il Consiglio europeo deciderà di non decidere, svelando i guai legati all’inazione del governo italiano. Incapace di tenere una posizione sua, non retorica nel contesto comunitario; e assieme la totale assenza di flessibilità dell’Unione, inadeguata a prendere iniziative celeri anche di fronte a crisi esistenziali.


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