Finti contratti di comodato d’uso gratuito per riscuotere l’affitto in nero. Beffando gli inquilini e il fisco. A Terni la guardia di finanza ha scoperto che ben sessanta proprietari di immobili dati in locazione hanno utilizzato questo meccanismo, molto conveniente dal punto di vista fiscale. E questo numero fa riflettere se si pensa che sono stati cento i controlli svolti dalle fiamme gialle.
Un problema non di poco conto, che ha comportato 400mila euro di imponibile non dichiarato.
“Per far emergere questa realtà – spiegano le fiamme gialle – a volte basta incrociare i dati anagrafici degli intestatari delle utenze con quelle del proprietario di casa, scorrere un elenco telefonico oppure chiedere a studenti universitari iscritti come non residenti il luogo di dimora. Ma anche ricevere esposti da parte degli inquilini e acquisire le comunicazioni di cessione di fabbricato presentate alla questura fino al 2011 e, attualmente, all’Agenzia delle entrate”.
Gli inquilini, sentiti dagli investigatori, hanno confermato tutto anche se in alcuni casi si sono ignari di cosa sia un comodato gratuito.
“Per quanti hanno pagato affitti in nero – sottolinea la guardia di finanza – non è prevista alcuna sanzione. Anzi: se viene scoperto un contratto in nero, oltre all’imposta arretrata e alla relativa sanzione, il proprietario infedele dell’immobile rischia l’obbligo di stipulare, con lo stesso conduttore, un nuovo contratto imposto il cui canone non può superare il triplo della rendita catastale”. In sostanza un affitto di mille euro verrebbe ridotto a 200 euro, con evidenti vantaggi economici per il locatario. Un meccanismo previsto dal nuovo regime di tassazione noto come “cedolare secca” sugli affitti, introdotto con decreto legislativo 23 del 2011. Il Messaggero
