Povertà e difficoltà di accesso alle cure e alle strutture sanitarie di base stanno aggravando l’emergenza umanitaria in Afghanistan, a cui si affiancano altre emergenze che rischiano di avere un impatto drammatico sulla popolazione, dai conflitti armati all’instabilità economica, dalla pandemia alla durezza della stagione invernale.
A questo grido di allarme la Regione Emilia-Romagna risponde. E lo fa contribuendo – assieme a Regioni Lazio e Puglia – al progetto promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità “Emergenza Afghanistan” e mettendo a disposizione quasi la metà delle risorse, 250mila euro sui 550mila complessivi, per realizzarlo. Un impegno messo nero su bianco nel protocollo di intesa con l’Oms che è stato approvato in questi giorni dalla Giunta regionale. Il progetto è complementare alle attività in Afghanistan dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e vedrà coinvolte Ong italiane che operano in loco, come Emergency e Intersos.
L’obiettivo è chiaro: tutelare la salute fisica e psichica della popolazione afghana, in particolare delle donne e dei bambini, fornendo aiuti concreti per resistere alle condizioni estreme in cui sono costretti a vivere, e ovviare alla mancanza di cure e strutture ospedaliere.
Tra gli interventi previsti il trasferimento di medicinali e apparecchiature sanitarie, il sostegno in loco alle strutture per la gestione delle emergenze, in particolare pediatrica e materna; e ancora, cure ostetriche e ginecologiche, prevenzione e trattamento delle malattie trasmissibili, soprattutto Covid. Ma anche azioni per combattere il fenomeno della malnutrizione, che in Afghanistan ha superato i livelli abituali sia in termini di intensità che di durata, colpendo principalmente i bambini e le donne in gravidanza o in allattamento.
Il progetto
Il ‘Progetto Emergenza Afghanistan’ dell’Organizzazione mondiale della sanità è destinato a specifiche aree ad alto rischio sanitario dove si registra la maggiore carenza di strutture funzionanti. Molteplici gli interventi previsti, tra cui la fornitura di attrezzature mediche in aggiunta a quelle delle strutture e delle Ong che operano in loco; l’attivazione di centri nutrizionali terapeutici per il trattamento della malnutrizione acuta grave; il rilevamento precoce delle epidemie attraverso una rete di allarme rapido; il potenziamento dei servizi sanitari fissi e mobili nelle zone montane interne e lontane dai maggiori centri.
Altra priorità, gli ospedali gestiti dal sistema sanitario afgano, che con il blocco dei fondi per lo sviluppo dopo la presa di potere dei Talebani sono rimasti senza le risorse finanziarie necessarie per svolgere le attività assistenziali.
Tra questi, quello che ha più bisogno di aiuti urgenti per rimanere operativo è l’Anabah Hospital, nella provincia di Panjchir, che fornisce cure di emergenza e chirurgiche gratuite di alta qualità, oltre a servizi di emergenza pediatrica e materna e cure ostetriche e ginecologiche qualificate. È l’ospedale di riferimento a livello distrettuale, collegato a una rete composta da 16 punti di Primo soccorso traumatico e Centri di Assistenza sanitaria primaria situati nei villaggi più isolati delle valli e delle province circostanti. Il bacino di utenza dell’Anabah Hospital supera i 2 milioni di persone che vivono nelle province di Panjshir, Parwan, Kapisa e Badakhshan.
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte