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  • ‘Afire’, Petzold aggiunge il fuoco alla sua trilogia

    BERLINO – Con AFIRE (Roter Himmel), il regista tedesco Christian Petzold aggiunge il fuoco alla sua trilogia sugli elementi iniziata con UNDINE e sempre con protagonista Paula Beer, ma questa volta in versione fuoco incandescente. Il film, in concorso in questa 73/a edizione del Festival di Berlino che si chiude sabato 25 febbraio, è ambientato in una torrida estate tempestata da incendi boschivi e punteggiata da un sempiterno ‘cielo rosso’ che indica il titolo originale. Leon (Thomas Schubert) e Felix (Langston Uibel), due dei protagonisti, hanno voglia di trascorrere una vacanza nella casa tra i boschi sul Mar Baltico. In realtà i due trentenni vanno lì anche per lavorare ai loro progetti: Leon, al suo secondo romanzo incompiuto, e Felix a una mostra di fotografie dedicata all’acqua. Nella casa però trovano Nadja (Beer), una bella ragazza che vende gelati e studia letteratura, e Devid (Enno Trebs), un tonico bagnino che ha una storia con lei. In questa strana estate tutto alla fine si mescola; Leon è in crisi per il suo manoscritto e soffre così per ogni cosa accada, è intollerante a tutto, anzi si può dire che il buon umore degli altri di solito fa peggiorare il suo. Nel frattempo, nella casa nel bosco, arriva anche il suo editore (Matthias Brandt) che non manca di essere affascinato da Nadja. Intanto piove sulla villa sempre più cenere e il cielo diventa incandescente come i rapporti tra questi cinque personaggi. La loro vacanza si trasformerà presto in un vero incubo, quando la foresta vicina comincerà ad ardere furiosamente e sarà attraversata da cinghiali in fiamme. “Ho avuto l’idea di realizzare AFIRE durante i sogni febbricitanti che hanno accompagnato il mio Covid nella primavera del 2020. Sono rimasto a letto per quattro settimane e, in questo periodo, ho sognato tante situazioni ambientate in una estate piene di luce. Ma va detto – continua Petzold al Festival di Berlino – che anche i devastanti incendi boschivi in Turchia hanno giocato un ruolo nello sviluppo di questa storia, perché all’epoca aveva visitato le aree colpite insieme a mia moglie”. Per quanto riguarda la musica, sottolinea infine il regista sessantaduenne, “ho sempre problemi nello sceglierla per i miei film. Il fatto è che siamo circondati dalla musica. Andiamo in ascensore e c’è musica come troviamo musica anche nel più brutto dei pub. Paradossalmente – conclude – è proprio per il fatto che amo molto la musica che la lascio fuori dai miei film”.


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