Agli italiani basta una sola Camera Con l’Italicum tornano le coalizioni

PARLAMENTOLA RIFORMA del Senato, elettivo o non, è la spada di Damocle che sta mettendo in discussione gli equilibri della coalizione di governo e del sistema politico italiano. Dopo l’approvazione dell’Italicum, è il Senato – nella sua variante elettiva diretta o di ‘secondo grado’ – a dividere il Pd, le anime del centrosinistra, il rapporto maggioranza-opposizione. E l’opinione pubblica. Anche gli italiani, infatti, accolgono con sentimenti contraddittori la riforma di Palazzo Madama.
A monte di tutto si collocano le perplessità sulla stessa utilità di una seconda Camera. Al di là della formula del bicameralismo perfetto e dei costi del sistema, negli ultimi anni una serie di fattori – inclusa evidentemente la deriva morale della politica – ha insinuato il dubbio sull’utilità del Senato stesso: il 67% degli elettori, secondo un sondaggio Ipr, accoglierebbe con favore una sua abolizione. Dovendo conservare i due rami, tuttavia, il 58% desidererebbe continuare a scegliere in prima persona i propri rappresentanti, piuttosto che delegare questa funzione ai consigli regionali. In seconda ipotesi, una quota di italiani (53%), invece, è convinta della bontà di un sistema di elezione indiretto, fortemente ancorato alle rappresentanze politiche locali. In questo caso, la formula più gradita sarebbe però quella di un’assemblea costituita dai soli Presidenti di Regione e dai sindaci di grandi Comuni, con almeno 100 mila abitanti. Spesso accostata al ddl Boschi in funzione compensativa e di mediazione, è l’altra gamba delle riforme di questa legislatura, quella del sistema elettorale.
Sottoposto a una simulazione, il meccanismo dell’Italicum dimostra che il premio di maggioranza al partito vincente sarà solo una chimera, in quanto ogni lista, per non rischiare di rimanere fuori dal ballottaggio, dovrà giocoforza cercare alleanze con altri partiti contigui ideologicamente. Ecco quindi che si formeranno dei veri e propri listoni, equivalenti alle vecchie coalizioni del Porcellum e del Mattarellum, con la sola differenza di forma e non di sostanza, nel senso che i conflitti all’interno delle coalizioni (ricordiamoci l’Ulivo o la Casa delle Libertà) si sposteranno all’interno dei singoli listoni.

SE SI votasse domani, dunque, il nuovo sistema suggerirebbe la creazione di nuove alleanze. Nella gara virtuale elaborata da Ipr, il primo turno restituisce uno scarto residuale tra i principali raggruppamenti: il listone ‘filo governativo’ che potrebbe vedere alleati Pd e Ncd, oltre ad Sc e Idv, con il dubbio di Sel (attualmente all’opposizione), ottiene il 36%; il listone di centrodestra (Fi-Lega-Fdi) si attesta al 33%; il M5S, pur ottenendo un significativo 27%, da solo potrebbe rimanere estromesso dal ballottaggio.
Va sottolineato che le due coalizioni principali ricavano un risultato opposto dalla spinta all’aggregazione: le singole forze di centrosinistra e l’Ncd sommate singolarmente, infatti, otterrebbero un migliore risultato, raggiungendo il 39%. Questo delicato gioco di equilibri risente di qualsiasi minima riaggregazione attorno a formule diverse. Pensiamo, provocatoriamente, agli effetti che produrrebbe l’alleanza di due soggetti come Sel e M5S: insieme, queste due liste ridisegnerebbero completamente le forze in campo, e i tre maggiori raggruppamenti sarebbero quasi alla pari, si distanzierebbero tra loro solo di 2-3 punti. Nel ballottaggio, invece, per adesso parte favorito il listone del centrosinistra con Ncd, che vincerebbe sia in un eventuale scontro con il centrodestra che con il M5S. In entrambi i casi, però, si tratta di vittorie di misura. Insomma, un esito elettorale altamente incerto. Questo a dimostrare che il conflitto attorno al tema delle riforme, nella sua asprezza, riproduce specularmente il valore e lo stato emotivo delle forze in campo: non vincitori e vinti, ma soggetti inquieti, attesi ancora dalla loro partita più importante.
*Direttore Ipr Marketing.

Fonte: RESTO DEL CARLINO