«Siamo passati dalla felicità alla rabbia». La felicità è scoprire che tua madre è guarita da un tumore maligno per il quale le avevano addirittura asportato un polmone. La rabbia è rendersi conto che quel tumore in realtà non l’aveva mai avuto. La voce narrante della vicenda appena approdata davanti al giudice civile del Tribunale di Ravenna, è quella del figlio di una insegnante in pensione che qualche anno fa si è ritrovata senza il polmone sinistro per un errore di diagnosi. «Senza un polmone a 77 anni… e adesso fa fatica a fare le scale, a respirare ed è anche psicologicamente molto provata», racconta l’uomo che fa il commercialista e che come la signora da sempre abita a Cervia. La vicenda si innesca a fine 2012 quando la signora, per via di alcuni disturbi, si sottopone ai primi controlli radiografici. Da nuove verifiche emerge che quel nodulo sta crescendo e ha profili irregolari. «Ci dicono che è una cosa molto piccola e che è da operare. Ad agosto 2013 andiamo in una clinica convenzionata con l’Ausl». È a questo punto che tutto si complica perché quando il nodulo viene inviato all’ospedale di Ravenna per un esame specifico (istologico intraoperatorio), la diagnosi è di quelle da capogiro: adenocarcinoma, ovvero un tumore del polmone particolarmente aggressivo. Con quel referto in mano, i chirurghi della clinica decidono di ampliare la rimozione. E, anche alla luce di alcune criticità, optano per rimuovere tutto il polmone.
L’operazione riesce e dopo una settimana circa la signora viene dimessa. Le indicazioni sono di riposo e di frequenti visite. La sorpresa arriva il 6 settembre 2013 quando, all’ennesima visita, la signora viene informata che il tumore non c’è. Il referto istologico definitivo ha dato questa diagnosi: bronchite obliterante cronica (o Boop), malattia infiammatoria che colpisce il polmone. «Ci dicono che mia madre è guarita dal tumore. E lì per lì non ci siamo resi conto, lo stato d’animo era di felicità… Poi mi è sembrato davvero strano che a fronte di un tumore con asportazione di polmone, non dovesse fare altre cure. Sono andato dal mio medico con la cartella clinica e ho iniziato a capire». Dopo un po’ di tempo «ci siamo rivolti al professor Adriano Tagliabracci». Nella sua relazione si fa riferimento a un danno biologico permanente del 35-40% legato – vi si legge – a un «errore diagnostico compiuto dagli anatomopatologi che hanno armato la mano del chirurgo». Per l’Ausl invece erano state rispettate tutte le linee guida. «Di fatto mia madre quel polmone non ce l’ha più». Il Resto del Carlino